“Stranieri” al governo d’Italia: il doppio gioco della Lega

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 17 Marzo 2011 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – C’è poco, anzi nulla di eroico nello svignarsela leghista dal Parlamento italiano nel giorno della festa d’Italia. Le minoranze i “popoli” oppressi che per via elettorale riescono ad entrare nei Parlamenti delle nazioni che considerano “straniere” stanno lì a fare opposizione e testimonianza, talvolta esibiscono gesti clamorosi con i quali segnalano la loro esclusione. Denunciano e se ne assumono i rischi e il costo. Non è il caso della Lega che non è “fuori” neanche di un mignolo, anzi è tutta “dentro”. Dentro il governo e il potere. Se la svigna per un giorno, poi si risiede e si accomoda: “stranieri” al governo d’Italia è il gioco, il doppio gioco della Lega. Gioco giocato appunto senza eroismi ma con accenti patetici. Il capogruppo Reguzzoni: “Visto che hanno deciso di chiudere gli asili, starò con i miei figli”. Baby-sitteraggio padano scoperto per l’occasione. L’altro capogruppo Bricolo: “Starò sul territorio a lavorare”. E come lui tanti altri che come Castelli dicono: “Starò a fare Pil, a lavorare”. Ma che lavoro faranno, staranno facendo proprio il 17 di marzo 2011, oltre a quello di recitare la parte di chi lavora?

Niente di eroico, molto di patetico, qualcosa di levantina furbizia e, a voler essere seri, qualcosa di eversivo. Non sbaglia in teoria Bersani a dire che la Lega che si sottrae al Parlamento che celebra l’Italia dovrebbe indurre le istituzioni della nazione a dedurne che la Lega si è sottratta alla maggioranza e quindi aprire una crisi di governo. In teoria, astratta teoria delle responsabilità. Nulla del genere ovviamente accadrà: il presidente del Consiglio ha emesso nota scritta in cui si legge: “celebrazione condizione essenziale”. Ma Berlusconi concede alla Lega licenza di svignarsela dalla “celebrazione essenziale”. Difficile comunque dire se in pratica sia più eversivo o furbacchione mostrarsi “stranieri” del paese che si governa. L’estraneità leghista all’Italia non solo si ferma sulle porte del governo e dei ministeri, la Lega reclama posti nelle banche e nelle pubbliche industrie italiane. Quando è questione di potere, per la Lega “Italia non olet”. Il naso leghista si arriccia solo quando sventola il tricolore o suona l’inno di Mameli.

E’ un doppio gioco, doppio e pure scoperto. Ma la Lega può farlo. Perché? Perché gode chissa perché di un radicato pregiudizio favorevole e indulgente. Se e quando si mostra razzista, non è la Lega vera e propria, ma solo Borghezio. Se Bossi ogni tanto evoca i “fucili”, non è la Lega vera e propria ma solo il suo folklore. Se la Lega vuole seggiole a Unicredit e Finmeccannica, non è la politica “democristiana” ma la politica “di territorio”. Se la Lega offre come politica economica l’autarchia non è la Lega vera e propria ma solo la sua “pancia”. Se la Lega fa la “straniera” al governo d’Italia non è intollerabile ma al massimo spiacevole.

E perché la Lega gode di questo pregiudizio favorevole e indulgente, massimamente quando si tratta di patria e nazione? Perché qualcosa di profondo è accaduto, qualcosa di più profondo dell’alleanza tra Bossi e Berlusconi che tutto consente ad entrambi. Patria, nazione, Italia e tricolore erano fino a non molti anni fa sinonimi, linguaggi e bandiere della destra. Della cultura e del sentire di destra, prima ancora che della destra politica. La sinistra, la cultura e il sentire della sinistra, prima ancora che la sinistra politica, aveva e coltivava altro: una fiducia e speranza in un sogno, in un immancabile futuro internazionale. Sogno che divenne incubo e la sinistra perse la speranza nel futuro. Quindi si aggrappò, si aggrappa, non senza disperazione al presente, ai suoi simboli e ai suoi valori: democrazia parlamentare, Costituzione, nazione, tricolore, Italia. La destra ha ceduto, mollato questo terreno ben volentieri, non si è sentita espropriata ma liberata. Libera di esprimere altro concetto e altro valore: la libertà di pensare a se stessi, alla propria comunità e famiglia come unico valore e unica vera bandiera. E’ questa la forza del leghismo, quello nordista di Bossi e anche quello di altri territori e sedicenti “popoli”. Per questo Bossi e i suoi possono giocare al doppio gioco dello “straniero” che governa l’Italia. Perché nessuno pensa davvero che sia un gioco truccato, perchè in fondo tutti accettano che la comunità nazionale, il paese, l’Italia sia solo il tavolo da gioco e non il patrimonio comune.