Province e piccoli Comuni restano dove sono: prima vittoria della Lega

Pubblicato il 25 Agosto 2011 - 19:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Presidenti, assessori e consiglieri di Province e piccoli Comuni, un sospiro di sollievo è in arrivo: la manovra taglia e sforbicia ma non le vostre poltrone. La Commissione Bicamerale per le questioni regionali ha espresso ”parere favorevole sul decreto 138 del 2011 che contiene misure per garantire la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo”, ma (ed ecco il punto in questione), con il sì del centrodestra, ha chiesto lo stralcio degli art. 15 e 16 sulla soppressione delle Province sotto i 300 mila abitanti e i 3 mila kmq di superficie, e il taglio dei piccoli Comuni.

Nel braccio di ferro ha vinto la Lega e hanno vinto i piccoli Comuni, il primo passo in Commissione è già una vittoria. Le Province e i piccoli Comuni non si toccano. Spiega Remigio Ceroni del Pdl, relatore del provvedimento in Commissione, che”il centrosinistra ha espresso parere contrario sul decreto, pur condividendo le motivazioni della richiesta di stralcio”.

E perché questi enti locali rimangono dove sono? Perché, secondo Ceroni, la loro soppressione viola la Costituzione, motivazione che mette una pietra tombale sulla questione, soprattutto a memoria di quegli arditi che in futuro dovessero ancora cimentarsi sulla materia. Viola la Costituzione e alla fine, a conti fatti, non conviene.

Secondo Ceroni l’art. 15 sulle Province ”appare lesivo delle previsione dell’art. 133 della Costituzione. Inoltre, la delineata cancellazione di un modesto numero di Province non sembra in grado di produrre risparmi economici importanti. Tanto che essi non vengano quantificati nella relazione tecnica di accompagnamento al provvedimento”. Leggiamolo quindi l’articolo 133: “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”. Sembra quindi che se una Provincia vuole ridisegnare i propri confini o se se ne vogliono creare di nuove, questa è materia che compete ai Comuni e alle Regioni, non allo Stato. E ancora: una legge regionale può istituire nuovi Comuni o cambiare la loro estensione o il loro nome. La Costituzione a quanto pare non chiarisce la questione della soppressione di questi enti e di chi se ne dovrebbe occupare.

Ceroni continua citando la Carta: ”E’ invece opportuno applicare l’art. 114 della Costituzione” in cui si fa esplicito riferimento all’istituzione delle città metropolitane. Cosa già fatta riguardo Roma di recente, anche se non è chiaro dove sia il risparmio: l’istituzione di Roma capitale non ha soppresso Comuni o Province e soprattutto ha richiesto un aumento della Giunta capitolina.

In compenso la Commissione, fa sapere Ceroni, propone la soppressione di ”una serie di enti pubblici non elettivi, e la razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato”. Per quanto riguarda i piccoli Comuni (art. 16), lo stralcio è stato ritenuto necessario perché la soppressione del consiglio e della giunta comunale e la concentrazione delle loro funzioni nell’unica funzione di sindaco ”appare lesiva dei più consolidati principi e valori democratici”. In sostanza un sindaco senza giunta e senza consiglio diventa un piccolo ras nella sua terra.

Plaude l’iniziativa, e con una certa enfasi, il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo: ”Sono fermamente contrario all’ ipotesi di abolire i piccoli Comuni. Non si può cancellare una identità, una bandiera, un campanile, una passione, una partecipazione, una storia, una cultura che si sono costruiti talvolta nei secoli. Semmai, per i Comuni, pensiamo a ridurre i consiglieri e gli assessori, non le indennità che sono, in quei casi, non riducibili”. Insomma meno consiglieri, semmai, ma guai a toccare stipendi e indennità.

E ancora: ”Abolire i piccoli Comuni non serve a nulla. So che questi manifesteranno a Roma. Se la competenza, come credo, è nostra, io non farò mai passare una cosa del genere – annuncia Lombardo – I Comuni non si toccano: sono una risorsa straordinaria attraverso cui democraticamente i cittadini si ritrovano. La vera riforma è il decentramento di poteri: uomini e risorse da parte della Regione. Sono convinto che l’elefante Regione, cresciuto a dismisura, blocca e paralizza la vita dei cittadini perché ha centralizzato tutto”. Ecco il nuovo diktat quindi: “decentramento”, non si parla più di tagli. Troppe spese? Basta spostare qualche funzione da un ente più grande a uno più piccolo: il risultato non cambia ma l’effetto-slogan almeno è assicurato.