Tap, si fa? Di Maio pronto a dire sì al gasdotto che M5s voleva cancellare

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 24 Luglio 2018 - 12:31| Aggiornato il 25 Luglio 2018 OLTRE 6 MESI FA
Tap, si fa o no? Di Maio pronto a dire sì al gasdotto che M5s voleva cancellare

Tap, si fa? Di Maio pronto a dire sì al gasdotto che M5s voleva cancellare (foto d’archivio Ansa)

BARI – Era un’opera inutile ma sembra proprio che andrà fatta. Un’opera che i 5Stelle in passato avevano promesso di cancellare [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play], se e quando al governo, e che ora che al governo ci sono crea loro un forte imbarazzo. E’ la Tap, la Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che dovrà ‘approdare’ in Puglia su cui il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, tiene un rigoroso silenzio lasciando l’incombenza e l’imbarazzo della questione ad una collega di governo e di Movimento, la ministra per il Sud Barbara Lezzi, che contro la Tap si era fatta le ossa e ieri ha rischiato di rompersele.

Imbarazzo che nel Movimento diventato di governo torna di frequente su grandi opere e ambiente, come sull’Ilva che doveva essere chiusa e che ora invece sembra proprio non sarà chiusa e sulla Tav, con il ministro Matteo Salvini che difende le forze dell’ordine che vengono prese a sassate dai No Tav con cui i colleghi dell’ala gialla del governo flirtavano e ancora flirtano. Tornando alla Tap, il ministro competente, ossia quel Luigi Di Maio cui è facile immaginare vada sovente il pensiero della Lezzi, sembra decisamente convinto vada fatta.

E questo perché ci sono contratti e il progetto è in piena fase di avanzamento, come hanno ribadito fonti del Dipartimento di Stato Usa all’Ansa, confermando la notizia de La Stampa sull’appello rivolto dagli americani al governo italiano a pochi giorni dalla visita del premier Giuseppe Conte alla Casa Bianca. E poi, meno di una settimana fa, il 18 luglio, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, accompagnando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Baku in Azerbaijan, aveva confermato “gli impegni sul gasdotto, compatibilmente, chiaro, con i vincoli ambientali”.

Una deriva percepita come tale anche da un No Tap che di governo era e combatte per restarlo, il governatore della Puglia Michele Emiliano arrivato a chiedere aiuto niente meno che al giramondo Alessandro Di Battista proprio per combattere l’odiata opera. Dibba per la verità non l’ha preso molto sul serio e dal Messico lo ha sostanzialmente spernacchiato via Facebook. Ma l’appello è stato il casus belli che ha fatto scoppiare la lite, filmata e vista e rivista in tv, con la ministra Lezzi.

Proprio lei che dalle terre pugliesi arriva e che fino a ieri era in prima fila nelle battaglie contro il gasdotto. Lei che, durante il pacato confronto con Emiliano, è arrivata a dire “vogliamo bloccare l’opera” in quello che è apparso più come uno slancio sentimentale che una considerazione pratico-politica. E poi ci sono la Tav e l’Ilva. Perché non solo sul gasdotto pugliese il Movimento5Stelle collezione imbarazzi, ma è tutto il tema delle grandi opere e dell’ambiente che, una volta al governo, è diventato terribilmente più complesso.

Già in campagna elettorale Di Maio, a Taranto, non aveva parlato esplicitamente di chiusura e questo aveva provocato le prime proteste degli ambientalisti. Poi le successive prese di posizione di diversi esponenti del movimento pentastellato avevano fatto il resto, alimentando da una parte aspettative e attese e dall’altro ambiguità e incertezze. Sull’Ilva, infatti, i Cinque Stelle hanno parlato di chiusura delle fonti inquinanti, di riconversione dell’economia del territorio ma anche di progressiva chiusura della fabbrica.

Oggi, non solo il ministro Di Maio non parla più di chiusura ma, pur di fronte ad una gara di aggiudicazione che l’Anac ha detto essere segnata da “criticità”, non ha chiesto la revoca della stessa e ha invece detto di attendere da Arcelor Mittal una proposta migliorativa sui due temi più delicati: il risanamento ambientale e la tutela dei circa 14mila posti di lavoro diretti del gruppo. Cercando di spuntare, di fatto, condizioni migliori ma confermando la vendita e la continuità della produzione. Sull’alta velocità invece il ministro Danilo Toninelli, titolare delle Infrastrutture, appena insediato ha colpito duro mettendo in scena anche un piccolo scontro istituzionale con il governatore Chiamparino. E poi, quando i movimenti No Tav hanno manifestato un po’ ‘troppo’ contro i cantieri, dal fronte giallo del governo non si è udita nessuna critica. Anche sulla Tav però ci sono contratti e scadenze da rispettare.