Tasi, chi pagherà di più città per città. Seconde case a rischio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Giugno 2014 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La Tasi porta ad un aumento “gigantesco” come sostiene la Banca d’Italia o può rappresentare un risparmio rispetto alla Imu, come sostiene il Governo?

La risposta dipende da dove la si prende: se si fa il confronto fra il carico fiscale della Tasi del 2014 e quello della Imu del 2013, non c’è dubbio che l’aumento sia da paura. Se invece ci si riferisce al 2012 e si considera il 2012 solo come un piacevole intermezzo, allora ha ragione il Governo.

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E ancora: il valore del 2013 è frutto della determinazione politica di Berlusconi, che voleva uno straccio di bandiera da agitare il caso di elezioni, oppure è il frutto di un tentativo del Governo Letta di svuotare la demagogia di Berlusconi, consapevoli del fatto che era solo una presa in giro? In questo caso la risposta è più chiara: Berlusconi faceva pura demagogia, giocando cinicamente sulla pelle dei contribuenti, che alla fine pagheranno di più perché in ogni caso per coprire il buco aperto dalla sospensione della Imu il Fisco si è rifatto in altri modi subdoli. Risultato: alla fine arriva la Tasi e le altre tasse resteranno.

La polemica sul peso della Tasi è appena aperta e un intervento importante è stato nelle ultime ore quello del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che è tornato sul nuovo dibattito alimentato dai confronti fra Tasi e Imu, rilanciati giovedì dalle considerazioni finali del Governatore di Bankitalia.

L’aumento “gigantesco apparentemente” evocato da Padoan nasce dal confronto con il 2013, quando l’Imu sull’abitazione principale è stata cancellata al 90% dal Governo Letta, e lo stesso paragone era alla base delle cifre diffuse da Bankitalia che ha parlato di possibili incrementi fino al 60% a seconda delle scelte dei Comuni.

Diverso è il quadro se il paragone viene condotto con il 2012, quando l’Imu sull’abitazione principale si pagava in formula piena: in questo caso, Banca d’Italia parla di un sostanziale pareggio rispetto a due anni fa, e la stessa idea sembra condivisa all’interno del Governo al punto che Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia, la riassume così: “Le tasse sulla casa tornano in linea con quelle pagate nel 2012, in un gioco dell’oca sostanzialmente inutile è stato buttato via un anno. Credo che dovremo intervenire, nel 2015 non potremo ripresentarci con questo sistema”.

Anche perché il tetto di aliquota al 2,5 per mille è previsto solo per il 2014, e l’anno prossimo le richieste sull’abitazione principale potrebbero raggiungere lo stesso tetto della vecchia Imu, il 6 per mille, ma senza le detrazioni che alleggerivano l’imposta municipale: in quel caso l’impennata sarebbe netta anche rispetto al 2012, e val la pena di notare che le super-aliquote per il prossimo anno si stanno affacciando in alcune delibere comunali, dal 4,1 per mille già previsto ad Ancona al 4,3 deciso a Bologna.

Scrive Gianni Trovati sul Sole 24 ore:

Ma prima di avventurarsi nelle previsioni sul futuro, occorre occuparsi del caleidoscopio di regole che costruiscono il presente, e che rendono quasi impossibile ai non addetti ai lavori seguire con cognizione di causa le evoluzioni del Fisco sul mattone. I numeri generali confermano l’idea di un quasi ritorno alla vecchia Imu: nel 2012 le abitazioni principali non di lusso hanno pagato circa 4,7 miliardi di euro, nel 2013 si sono fermate a 380 milioni (oltre 4 miliardi sono stati rimborsati ai Comuni dallo Stato) mentre nel 2014 la Tasi potrebbe arrivare al massimo a 4,25 miliardi, ma si fermerà un po’ prima perché non tutti spingeranno le aliquote ai massimi. Per le altre abitazioni, invece, il 2014 potrebbe essere uguale al 2013 (nei Comuni dove l’Imu ha già raggiunto il massimo e non sarà applicata la super-aliquota Tasi per finanziare le detrazioni) oppure più pesante (quando l’Imu non è arrivata al massimo e la Tasi si aggiungerà alla vecchia imposta). Il conto totale arriva da Confedilizia, che ricorda come «i proprietari di immobili potranno pagare fino a 28 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 500 milioni dell’Irpef sulle case sfitte».

Quando dalle grandi cifre si passa alla situazione concreta dei singoli contribuenti, il quadro si complica. Lo scarto principale fra la Tasi e l’Imu risiede nel fatto che il nuovo tributo non ha detrazioni fisse, mentre la vecchia imposta era accompagnata da uno sconto di 200 euro per tutti e da 50 euro di bonus aggiuntivo per ogni figlio convivente. Dal momento che gli sconti erano fissi a prescindere dal valore dell’immobile, il loro effetto era maggiore sulle abitazioni più modeste, e infatti oltre il 50% dell’Imu era pagato dal 10% delle case più “ricche”.Con la Tasi, la sorte delle abitazioni si divide in due: quelle di valore più altopagheranno meno del 2012, perché (almeno per ora) le aliquote Tasi sono più basse di quelle dell’Imu. Per le abitazioni di valore medio-basso, cioè l’ampia maggioranza del totale, il conto dipende invece dalle scelte del Comune.

Il grafico mostrato dal Sole 24 ore, fanno i conti ai proprietari di tre “abitazioni-tipo”:

un piccolo bilocale popolare, un trilocale di categoria “economica” A/3 (la più diffusa) e un bel cinque locali più signorile. Per le abitazioni piccole e medie, se il Comune introduce detrazioni “modulari”, parametrate cioè sui valori fiscali dei diversi immobili, il conto con l’Imu 2012 pareggia quasi sempre, come accade per esempio a Bologna, Brescia, Modena, e in qualche caso può alleggerirsi, come a Torino e Ancona.

Se gli sconti sono fissi, possono non bastare, come succede a Bergamo, mentre se mancano del tutto la Tasi diventa più pesante dell’Imu (si verifica a Livorno, Mantova, Novara, ma anche in tanti Comuni medio-piccoli) e alla cassa vanno anche i proprietari di abitazioni più modeste, che grazie alle vecchie detrazioni fisse non avevano mai pagato né Ici né Imu.

La maggioranza, comunque, dovrà attendere ancora per capire quanto dovrà pagare perché le aliquote pubblicate dal dipartimento Finanze ieri, cioè nell’ultimo giorno utile per l’acconto del 16 giugno, riguardano 2.268 Comuni, il 28,6%: le altre decisioni emergeranno solo nei prossimi mesi.

Per Michele Di Branco del Messaggero la situazione è chiara:

“Tasi: più cara dell’Imu per gli immobili di basso valore. Con rendite catastali sotto i 400 euro la nuova imposta sarà più pesante”.

Per Michele Di Branco, la polemica non è centrata:

“Il punto non è tanto, o non solo almeno, se la Tasi sarà più pesante della vecchia Imu”

e contro la sparata della Banca d’Italia propone la tesi del centro studi Uil secondo il quale

“la tassa sui servizi indivisibili costerà in media 410 euro contro i 537 versati per l’imposta comunale sugli immobili. Con un risparmio secco di 127 euro”.

Ma il punto centrale di tutto il discorso non è quello sollevato da Ignazio Visco e agitato da Paoan:

“Il punto è che senza la «manovrabilità dell’aliquota finalizzata alle detrazioni che la farà diventare più equa», come ha promesso ieri il sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini, a rischiare il salasso saranno i proprietario delle case di minor pregio. […] Tutto dipenderà dalle scelte dei sindaci ai quali, alcune settimane fa, Palazzo Chigi ha offerto la possibilità di alzare l’aliquota Tasi dello 0,8 per mille sulle abitazioni di fascia alta per finanziare in questo modo sgravi ed esenzioni in favore delle famiglie a reddito medio-basso. Alcuni sindaci, negli oltre 2 mila comuni che hanno già scelto, hanno seguito questa strada. La quale, sono i numeri a dirlo, è indispensabile per riequilibrare la tassazione. La vecchia Imu prevedeva infatti una detrazione fissa di 200 euro per ciascun immobile più 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore a 26 anni. Un meccanismo che alleviava il carico su molti italiani fino ad annullarlo del tutto in diversi casi. Con la Tasi al 2,5 per mille e senza il paracadute di eventuali detrazioni non si scappa, invece.

“Ad esempio, già a partire da una rendita piuttosto modesta di 400 euro la Tasi rischia di essere più pesante dell’Imu. Fanno 165 euro al posto dei 133 (o appena 33 con due figli a carico) versati con il regime Imu. E, paradossalmente, la situazione si ribalta al crescere della rendita. Con l’aliquota al 2,5 per mille, la categoria catastale A/2 pagherebbe 486 euro: sconto da 290 euro rispetto alla stagione Imu. Un bilocale di 52 mila euro di valore catastale non pagava nulla di Imu, mentre con Tasi al 2,5 per mille verserebbe 132 euro. Con due figli, l’Imu era zero fino a quota 78mila euro di valore catastale, invece la Tasi al 2,5 per mille chiederebbe 195 euro. Il paradosso nasce dal fatto che fino al 2012 le detrazioni Imu erano rigide, quindi non cambiavano in base al valore catastale dell’immobile.

“Per effetto di quel meccanismo accadeva che nelle case più grandi l’effetto delle detrazioni era più contenuto ma con la Tasi, che ha aliquote più basse della uyiImu, c’è sempre un vantaggio al crescere del valore dell’immobile. Un villino con un valore di 500mila euro, per dire, poteva pagare di Imu fino a 2.800 euro, mentre con la Tasi può arrivare al massimo a quota 1.650 euro. I dati dell’Agenzia del Territorio certificano che ai tempi della Imu in vigore su tutti gli immobili il 10% delle case di maggior valore pagava circa il 50% dell’imposta totale, mentre con la Tasi il carico si trasferisce sulle case medie che, ovviamente, rappresentano la maggioranza del parco abitativo nazionale.
“Aggravi alle porte anche per molti dei proprietari di seconda casa. Con la Tasi (più Imu) portata al limite massimo dell’11,4 per mille del valore catastale dell’immobile, il versamento medio salirebbe dagli 818 euro della vecchia imposta sugli immobili verso quota 886,7. Con un aumento di 68,7 euro e una crescita della pressione fiscale dell’8,4%. Tanto da confermare i timori di Confedilizia secondo la quale, rispetto all’Ici versata nel 2011, le tasse sulla casa in più pagate dagli italiani arriveranno quest’anno fino a 44 miliardi di euro.
Michele Di Branco

I conti della Tasi città per città

(fonte Sole 24 ore)