Tfr in busta paga, sondaggio Pagnoncelli: lo chiederebbe solo 1 italiano su 4

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Ottobre 2014 - 11:57 OLTRE 6 MESI FA
Tfr in busta paga, sondaggio Pagnoncelli: lo chiederebbe solo 1 italiano su 4

Tfr in busta paga, sondaggio Pagnoncelli: lo chiederebbe solo 1 italiano su 4

ROMA – Tfr in busta paga da febbraio 2015. Per Matteo Renzi è una priorità. Il modo, dopo gli 80 euro, per rimettere qualche soldo in tasca agli italiani. Ma se gli 80 euro sono stati un “regalo” il Tfr è un anticipo. Un uovo oggi, da 40/80 euro al mese, al posto della gallina liquidazione (o pensione integrativa) domani. E gli italiani non gradiscono: solo 1 su 4, il 26% secondo un sondaggio realizzato per il Corriere della Sera da Nando Pagnoncelli, sarebbe intenzionato a prendere quei soldi in più che, come ha spiegato Renzi, sarebbero versati solo a chi li chiede.

Così Pagnoncelli spiega il no degli italiani. E le cifre non sembrano lasciare dubbi. Da un lato il tema interessa a molti, dall’altro sono pochi, pochissimi, quelli che si fanno  ingolosire dall’uovo oggi rispetto alla gallina domani:

Come su molti dei temi che riguardano il mondo del lavoro l’interesse è alto: il 45% dei nostri intervistati ha seguito con attenzione questo aspetto, 42% almeno superficialmente. Con una netta differenza tra i lavoratori dipendenti privati (al momento sembrerebbero gli unici direttamente coinvolti nella possibile riforma) che per oltre due terzi hanno seguito con attenzione questo tema e i dipendenti pubblici che invece vi hanno prestato un ascolto assai più superficiale.

Il Tfr in busta paga riscuote però consensi molto limitati: solo il 26% degli italiani (e il 21% dei lavoratori dipendenti) apprezzerebbe di avere qualche soldo in più mensilmente (o in un’unica tranche annuale) ad integrazione del proprio salario. Più di due terzi (e quasi tre quarti dei dipendenti) gradirebbe maggiormente avere la classica liquidazione al termine del rapporto lavorativo. Anche in questo caso ci sono differenze apprezzabili tra privati (il 28% lo vorrebbe in busta paga) e pubblici (19%) ma in entrambi i segmenti di lavoratori la contrarietà alla proposta è netta.

Sembra una scelta “irrazionale” in un momento di crisi, spiega Pagnoncelli. Ma non è del tutto così. C’è la questione previdenza integrativa. Perché se la crisi fa paura oggi la vecchiaia fa paura sempre. E molti temono che svuotare la cassa per una previdenza integrativa finisca per regalare una vecchiaia di stenti.

Ancora Pagnoncelli:

In realtà bisogna tener conto di un atteggiamento largamente diffuso nel Paese: il timore del futuro e l’impellente necessità di risparmiare proprio per far fronte ad una prospettiva sempre meno tranquillizzante. È una cosa che molte famiglie stanno già facendo: contenere i consumi per ricostituire il capitale perso in questi ultimi anni.
Uno dei temi sollevati in termini critici rispetto alla proposta è relativo all’attuale utilizzo di una parte dei lavoratori dipendenti del Tfr per la previdenza complementare, cioè per avere una pensione integrativa rispetto a quella pubblica.
L’inserimento del Tfr in busta paga potrebbe ridurre ulteriormente la quota di chi aderisce alla previdenza complementare. È un rischio non trascurabile: circa il 30% dei dipendenti pensa che molti lavoratori rinuncerebbero ai versamenti pur di avere qualche soldo in più in busta paga.