Tremonti respinge i sospetti sul complotto anti B.: Francesco Verderami sul Corriere della Sera

Pubblicato il 12 Febbraio 2011 - 10:56| Aggiornato il 21 Febbraio 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Difendersi dai sospetti che lo disegnano ora come baluardo del berlusconismo in affanno ora (e più spesso) come mente del complotto antiberlusconiana. Complotto tutto da dimostrare ma con un fine preciso: la successione alla presidenza del consiglio. Giulio Tremonti è descritto da Francesco Verderami come “quei pulsanti che si usano in situazioni estreme, una riserva della Repubblica che non deve nemmeno riscaldarsi per scendere in campo, perché sta già giocando”.

E visto che l’emergenza c’è ed è conclamata, è normale  che il ministro dell’Economia attiri su di sé “i sospetti di quanti nel centrodestra temono che stavolta davvero crolli tutto”. “Nell’ora più difficile per Silvio Berlusconi – scrive Verderami in un pezzo titolato “E Giulio respinge l’ondata di sospetti –  gli vengono imputati silenzi e omissioni, non parole e gesti. L’assenza di dichiarazioni a sostegno del Cavaliere sul «caso Ruby» , e la resistenza passiva al «piano di rilancio economico» voluto dal premier, sono indizi elevati a prova da chi ritiene che Tremonti stia ormai giocando per sé”.

Tremonti, spiega il Corriere, non ci sta, “confuta la tesi, sostiene che «la solidarietà a Berlusconi l’ho data con la serietà della politica economica, pilastro di solidità per il governo»”. “Se così stanno le cose – aggiunge Verderami –  se è vero che «Berlusconi conosce la realtà dei fatti» , Tremonti chiede allora se tutto ciò significhi «sabotare il presidente del Consiglio o piuttosto sostenerlo» , se questo sia «ostacolarlo o facilitarlo nella sua azione di governo» . Sarà pur vero che delle «voci di corte» non si cura, che— come racconta Raffaele Bonanni — «Giulio non si pone il problema di essere sospettato» . Il segretario della Cisl, che l’ha appena accompagnato in un viaggio nel profondo Sud, spiega che il ministro dell’Economia «non è calcolatore in politica come lo è nei numeri»” .

“Perché – continua il Corriere – se è vero che Tremonti non è uomo di elezioni ma uomo di istituzioni, sarebbe questo il momento propizio, innescato da una crisi di governo in primavera, dopo l’approvazione del federalismo fiscale, magari all’indomani di una sconfitta elettorale del centrodestra alle Amministrative. Ecco lo snodo che Berlusconi teme, semmai riuscisse ad arrivarci indenne, visti i problemi giudiziari in cui è coinvolto. E ci sarà un motivo se con penna di ferro in guanto di velluto, Giuliano Ferrara sul Foglio ha invitato Tremonti a uscire allo scoperto.

Tremonti, aggiunge Verderami, rimane coperto: “«La mia carriera politica l’ho fatta» , dice in pubblico il superministro, che in privato confida di non avere interesse a guidare ammucchiate eterogenee: «Perché non starò mai in una coalizione della spesa pubblica, di quelle dove c’è chi usa i soldi dello Stato come fossero soldi propri» . Rigore ed efficientismo hanno fatto presa in Europa, e hanno avuto resa nel consenso personale, sebbene sostenga che avrebbe «agito allo stesso modo anche con sondaggi avversi» . La verità è che se Tremonti appare come il dominus del governo, se oggi il solo Maroni sembri in grado di fargli il controcanto, è perché il Cavaliere non si è preoccupato di arginarlo per tempo. Così è accaduto che durante l’ultima conferenza stampa il premier abbia pronunciato una frase passata inosservata, e che invece dà la misura della situazione: «Il piano per lo sviluppo che presenteremo in aprile in Europa, nelle prossime settimane sarà al centro di incontri con i ministri e le parti sociali che si terranno al ministero dell’Economia»” .

Un dato è certo, conclude il commentatore del Corriere: “Tutto si può dire, tranne che il titolare dell’Economia le mandi a dire al premier: la scorsa estate, per esempio, gli spiegò che sarebbe stato meglio andare subito alle urne. E ora che vede confermata la propria tesi, non vuole provocare sbreghi in nome della «lealtà» a Berlusconi, ma non vuole nemmeno essere partecipe delle mosse altrui. Legittimamente gestisce la propria immagine, coniugando rigore e convenienza politica. Perché comunque non sarebbe lui a rompere quel vetro in caso di emergenza”.