Trivelle, scontro M5s-Lega: “Accordo nella notte o salta decreto”. Costa minaccia dimissioni

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Gennaio 2019 - 00:16 OLTRE 6 MESI FA
Trivelle, scontro governo M5s-Lega. Costa minaccia dimissioni

Trivelle, scontro M5s-Lega: “Accoro nella notte o salta decreto”. Costa minaccia dimissioni

ROMA – O si trova un accordo sulle trivelle o salta l’intero decreto semplificazioni. La tensione nel governo M5s-Lega continua a salire, con fonti vicine all’esecutivo che spiegano come se non sarà trovata l’intesa nella notte tra il 23 e 24 gennaio, potrebbe venir fatto decadere l’intero decreto in scadenza il 12 febbraio. Intanto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa minaccia le dimissioni e rimane sulla sua posizione di no alle trivelle. La Lega invece procede: “Non si scherza con migliaia di posti di lavoro”.

Una notte difficile per il governo. Il M5S reputa più difficile che venga stralciata dal testo la sola norma sulle trivelle. Un responso potrebbe arrivare nella riunione dei capigruppo convocata la mattina del 24 gennaio al Senato. La Lega invece sottolinea che se l’emendamento al decreto semplificazioni dovesse passare così come voluto dal M5S, con lo stop alle trivelle e l’aumento dei canoni, il rischio sarebbe anche occupazionale.

Non solo le grandi opere come la Tav ma anche le nomine, a partire dalla Consob, sono bloccate (si starebbe vagliando un economista di alto profilo, oltre al nome M5s di Minenna). E il decretone su reddito di cittadinanza e quota 100, a una settimana dal varo, non è ancora stato bollinato dalla Ragioneria dello Stato: pesano problemi di coperture e il rischio per i saldi della manovra, che saranno oggetto di stretto monitoraggio nei prossimi mesi. Dal governo assicurano che entro giovedì sera il testo sarà al Colle per la firma. Ma l’esame in Parlamento già promette scintille. Il caso trivelle, del resto, non è un precedente promettente. 

Si tratta da giorni. Per i Cinque stelle, a maggior ragione dopo aver ceduto sul Tap, fermare le trivelle è diventata questione di vita o di morte (politica). Ma la distanza dalla Lega è enorme: Salvini sarebbe favorevole a proibire le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa, come chiedeva il referendum (fallito) del 2016, ma non allo stop totale. A Ravenna, fanno notare, l’ingente aumento dei canoni che il M5s vorrebbe accompagnare alla sospensione dei permessi porterebbe la perdita di “migliaia di posti di lavoro”. Perciò i leghisti bloccano la proposta di accordo che lunedì il M5s dava già per acquisita: sospendere per due anni – nelle more dell’adozione di un piano per la transazione energetica sostenibile – la ricerca di idrocarburi, lasciando proseguire la produzione per chi già avesse avviato quella che in gergo si definisce “coltivazione”. 

Ma non basta alla Lega. C’è anche, denunciano, il rischio di ricorsi delle aziende per centinaia di milioni di euro. Anche l’ultima offerta M5s, che prevede di sospendere le concessioni non per 24 ma per 18 mesi, viene respinta. E il M5s a sua volta blocca un emendamento voluto dalla Lega per affidare alle Regioni, a scadenza delle concessioni, le grandi centrali idroelettriche. Fonti M5s ipotizzano che possa saltare l’intero decreto semplificazioni, per il quale il tempo è agli sgoccioli: deve essere convertito in legge entro il 12 febbraio o decade. 

L’idea è blindare il testo in Senato, poi mandarlo alla Camera. Ma causa trivelle è impasse: una soluzione potrebbe essere stralciare la norma. Ma Di Maio non molla. Suona la carica Roberto Fico: “Dobbiamo investire in rinnovabili e nel futuro”. Il ministro tecnico – ma in quota M5s – Costa in nome del “no alle trivelle” si dice pronto a non firmare “la valutazione di impatto ambientale” anche a costo di essere “sfiduciato” (“Torno a fare il generale dei Carabinieri”). La Lega non la prende bene. Massimo Garavaglia derubrica le parole del ministro a “punto di vista tecnico”. La trattativa, che avrebbe al centro l’aumento dei canoni delle trivellazioni, prosegue fino a notte. 

La commissione viene a più riprese sospesa e i lavori in Aula slittano ancora. Il presidente Elisabetta Casellati, dopo il precedente della manovra, richiama la maggioranza “a una maggiore regolarità dei lavori” e al “rispetto per il Senato”. La prossima settimana intanto la Lega rilancerà sulle grandi opere, sull’alta velocità Brescia-Verona e la Gronda a Genova. Nell’attesa della madre di tutte le battaglie: la Tav, tema che i leghisti intendono risolvere – senza lo stop – in tempo per le europee e le regionali in Piemonte di maggio. Impasse totale anche sulle nomine: non solo Consob, ma slitta anche la conferma di Gian Carlo Blangiardo, voluto dalla Lega, a presidente dell’Istat. Serve la maggioranza dei due terzi in commissione e dunque i voti di Fi. Ma gli azzurri chiede lo slittamento: stanno trattando su altro, secondo il Pd.