Udc. Dopo 91 anni in politica Casini potrebbe mettere in cantina lo “scudo crociato”

Pubblicato il 21 Maggio 2010 - 20:47| Aggiornato il 2 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Pier Ferdinando Casini

E’ un grande sacrificio quello ipotizzato, con cautela, da Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc: in nome della nuova formazione politica in via di realizzazione il partito di Pier Ferdinando Casini potrebbe anche rinunciare allo scudo crociato, lo storico simbolo che ha una ormai una veneranda età: 91 anni.

Una scelta rilevante perché su quello ‘scudo’ si è combattuta una battaglia acerrima tra Pier Ferdinando Casini e Silvio Berlusconi al momento della rottura, qualche anno fa. L’Udc lo ha difeso con i denti e con le unghie visto il capitale di voti che sembra assicurare “automaticamente” in un certo elettorato. Quella della storico scudo è una storia ricca di fatti e ricorrenze, come quella dell’antagonista storico, falce e martello.

Una prima versione (croce bianca su fondo scuro, scritta Libertas, bordo superiore incurvato) fu adottata già nel 1919 da don Luigi Sturzo come simbolo del Partito popolare italiano. Come tale comparve sulle schede elettorali, nelle elezioni del 1919 e del 1924. Lo croce sullo scudo richiamava l’idea della difesa dei valori cattolici, rafforzata dalla parola simbolo scelta dal fondatore. Ma lo scudo richiamava anche il simbolo dei comuni italiani medioevali coalizzati contro Federico Barbarossa, ripreso negli anni ’80 dalla Lega Nord.

La valenza anticomunista dell’emblema divenne più evidente, quando fu prescelto come stemma della Dc all’atto di nascita del partito, nel 1942. Il simbolo fu modificato dallo stesso Don Sturzo: la croce divenne rossa, lo scudo e la scritta Libertas bianchi. Nelle campagne elettorali condotte da De Gasperi, i manifesti della Dc raffiguravano lo scudo che si opponeva all’avanzata di minacciosi bolscevichi armati di falce e martello. Lo slogan elettorale con il quale si invitavano i cattolici a votare Dc (“una croce sulla croce”) faceva leva sugli evidenti riferimenti religiosi presenti nel simbolo democristiano.

Più avanti, quando lo scontro con i comunisti divenne meno frontale, il simbolo della Dc fu disegnato dal maestro dei fumetti, Jacovitti, con una campagna basata sullo slogan “profumo di libertà”. Come non ricordare anche Don Camillo e Peppone e la bonomia di Guareschi che su quel simbolo “giocò” tante celebri pagine della sua saga così profondamente italiana. Con la fine della prima repubblica e lo scioglimento della Dc, il glorioso simbolo di tante battaglie ( insieme alla falce e martello che rimane nel simbolo del Pdci e del Pcl) non è andato in soffitta, ma ha continuato a vivere nel Partito Popolare di Martinazzoli. In seguito, gli eredi della Dc si sono disputati il simbolo nelle aule del tribunale.

Lo scudocrociato accompagna il percorso politico di Pier Ferdinando Casini dai tempi del Ccd: il simbolo era stato ereditato da Rocco Buttiglione al momento dello strappo con il Ppi di Mino Martinazzoli, nel 1995. E continua a campeggiare nel logo dell’Udc, in primo piano rispetto alla vela bianca gonfiata dal vento. Chissà se Casini ricorda quel manifesto democristiano del 1990, quando la discesa di Berlusconi in politica era ancora lontana: un neonato a braccia alzate, lo scudo crociato in basso a destra, in alto la scritta “Forza Italia!”. Forse preferisce l’altro, quello del 1948: il classico scudo della Libertas, che protegge una giovane donna di bianco vestita e sotto la scritta: “Difendetemi!”.

Oggi lo stesso Casini è pronto al grande passo: abbandonare il passato e puntare su un nuovo simbolo e nuovo nome lasciando l’ultimo richiamo alla vecchia Dc al Pdl dove campeggia il vecchio simbolo nelle mani di Giuseppe Pizza, sottosegretario del ministro Gelmini e attuale segretario della Dc. In questi anni Pizza ha tenuto aperta l’antica sede Dc in piazza del Gesù a Palazzo Cenci, è salito regolarmente nel suo ufficio ricavato nella stanza che era stata la camera da letto di Alcide De Gasperi, ha portato avanti una battaglia giudiziaria a suon di carta bollata per tenersi lo Scudo originale e non il “simil scudo” che ora Casini vorrebbe mandare definitivamente in soffitta tra i cimeli dei bei tempi andati.