Umbria elezioni. Salvini la rivincita, Di Maio la paura, Zingaretti la confusione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Ottobre 2019 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Umbria, la rivincita di Salvini

Salvini, Zingaretti, Di Maio (Ansa)

ROMA – In Umbria sono naufragati i sogni di gloria di una coalizione giallorossa, gli elettori l’hanno bocciata senza appello. Un esito che incerto è stato solo per chi non voleva vedere, o si illudeva che l’operazione di palazzo che ha portato democratici e grillini al governo fosse fotocopiabile sui territori. A pochi mesi dal suicidio politico di Salvini, il leader della Lega ha gioco facile a ottenere una rivincita roboante.

La rivincita di Salvini, Lega al  36,9%

Almeno quanto i venti punti di distacco che il candidato “civico di centrodestra Donatella Tesei (57,5%) ha rifilato al candidato “civico” di centrosinistra Vincenzo Bianconi (37,48%). Soprattutto per quel 36,9% di consenso alla Lega sovranista nell’ex fortino rosso governato per 50 anni dalla sinistra. Al leader leghista è bastato battere, ogni singolo giorno del suo tour de force elettorale, sul tasto dolente di una contraddizione insanabile.

E cioè che gli stessi M5S che avevano denunciato le malefatte nell’assegnazione di appalti e incarichi agli amici che aveva portato alla defenestrazione dell’ex governatrice Catiuscia Marini, alla fine si sono alleati con il Pd che volevano cacciare. Tutto qui.

Panico Di Maio, M5S non arriva all’8%

“L’esperimento non ha funzionato”, ha dovuto riconoscere il Capo politico responsabile della debacle grillina. Non arriva nemmeno all’8%, M5S sembra in fase di evaporazione costante, è riuscito a dimezzare i voti delle Europee. Ora Di Maio invoca una “terza via” per guardare “oltre i due poli contrapposti”. Una parola, se uno dei due poli è tuo alleato di governo a Roma.

Il rischio più concreto di Di Maio è la balcanizzazione di gruppi parlamentari di cui non ha più il pieno controllo. La tentazione di sfilarsi dall’abbraccio mortale del Pd è fortissima, ma per andare dove? Beppe Grillo ha già dato degli “str…” ai militanti che continuano a stracciarsi le vesti quando sentono la parola Pd. Ma l’esperienza di governo gli ha insegnato una dura lezione: destra o sinistra con cui si allei a rimetterci è sempre M5S. E fuori del governo c’è il nulla.

Pd, 22,4%, confusione Zingaretti

“La sconfitta alla Regione Umbria dell’alleanza intorno a Vincenzo Bianconi è netta e conferma una tendenza negativa del centrosinistra consolidata in questi anni in molti grandi Comuni umbri che non si è riusciti a ribaltare. Il risultato intorno a Bianconi conferma, malgrado scissioni e disimpegni, il consenso delle forze che hanno dato vita all’alleanza”. Perfino il politichese del segretario Pd Nicola Zingaretti dopo questa batosta risulta comprensibile.

E, cioè, che la coalizione ha perso nettamente ma il Pd ha resistito a vento di destra, a inchieste, a scissioni. Che il crollo è attribuile soprattutto ai 5 Stelle, che l’alleanza va avanti. “Questa è l’Umbria che mi ha lasciato in eredità Matteo Renzi”, dice Nicola Zingaretti a un amico, mostrando la cartina con i Comuni che negli ultimi anni sono passati a destra. Pochi mesi fa alle europee avevamo preso il 23 ma dentro quel risultato c’era anche Leu, la componente renziana e Calenda. E tutto questo ci assegna una responsabilità che cercheremo di onorare”.

Onorare sì, ma come? M5S, il veicolo con cui il Pd si è ripreso le redini del governo, appare un carro alla deriva. E per vincere, la prossima volta, non basterà la soddisfazione di spolparne i resti. Il governo giallorosso non è un argine alla Lega, questo è chiaro non solo in Umbria.