Ci sono i veltroniani, gli ex rutelliani orfani del leader che se n’è andato a fare un nuovo partito, gli ex popolari vicino a Fioroni, gli altri ex popolari, quelli vicini all’ex segretario Franceschini. Poi ci sono gli uomini del leader, che è talmente poco forte che i suoi non si chiamano “bersaniani” ma “dalemiani”. Non basta: c’è rimasto anche qualche teodem e ci sono anche i “cani sciolti”, quelli che stanno nel Partito senza appartenere a nessuna delle correnti, da Matteo Renzi a Chiamparino passando per Deborah Serracchiani. Infine ci sono quelli che del Partito Democratico neppure fanno parte ma non disdegnerebbero di guidarlo nella difficile lotta contro Silvio Berlusconi: da Antonio di Pietro a Nichi Vendola.
Il Partito dalle mille anime mostra segni preoccupanti di dissoluzione. Bersani tenta una “rianimazione” lanciando il “Nuovo ulivo” ma gran parte dei suoi sforzi si consuma nel cercare di spiegare ai potenziali elettori in cosa sarebbe “nuovo” l’Ulivo. E i sondaggi, anche in un momento non facile per Berlusconi, puniscono duramente il Pd che vede allontanarsi pericolosamente anche la soglia minima del 26%.
L’ultimo strappo l’ha consumato Walter Veltroni, col suo documento “neocatecumenale” sul Pd delle origini. Lo hanno firmato in 75, tutti scontenti dell’attuale gestione di Bersani. Veltroni, su quel documento ci è dovuto tornare e precisare perché i segnali dello strappo c’erano tutti. L’ex segretario ha detto che l’intenzione non era quella di sfiduciare Bersani (giova ricordare che l’attuale segretario è diventato tale proprio per aver vinto le primarie in un tempo non troppo lontano).
“Io non sego l’albero ma lo puntello. Per me il leader e’ Bersani” ha spiegato Veltroni. È Bersani, ma anche “uno che viene dalla società civile”, una sorta di novello Prodi. Chi? Non lo stesso Veltroni che ha smentito di essere lui “il Papa della società civile”.
Più di qualcuno tira un sospiro di sollievo. La questione leadership rimane però un nodo irrisolto: in molti vorrebbero accantonare Bersani prima ancora di farlo correre davvero. Per fortuna non c’è ancora una data fissata per le politiche altrimenti il Pd si presenterebbe dilaniato. La sensazione è che il problema non si risolverà fin quando i democratici, più che continuare ad esprimere aspiranti trionfatori di primarie si inizieranno ad interrogare su chi può sconfiggere Berlusconi alle “vere” elezioni.