Video hard Fiore Mussolini: Procura secreta verbale del ricattatore

Pubblicato il 4 Dicembre 2009 - 19:39 OLTRE 6 MESI FA

Alessandra Mussolini e Roberto Fiore

Andrea Cacciotti, il sedicente produttore cinematografico con qualche precedente per truffa, indagato dalla Procura di Roma per tentata estorsione per aver ricattato Fiore e la Mussolini, è stato sentito ieri 3 dicembre dai pm Giuseppe Corasaniti e dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti e il verbale dell’interrogatorio è stato subito secretato dai magistrati, a quanto riporta Il Giornale.

Cacciotti è l’autore della e-mail inviata a settembre alla presidenza del Consiglio in cui segnalava l’esistenza di un «filmato hard che ritrae un europarlamentare e una deputata» chiedendo un milione di euro per toglierlo dalla circolazione.

Il ricattatore, che a giugno voleva fondare il Partito degli artisti e candidare Fabrizio Corona alle elezioni europee, ha ricevuto una perquisizione nel suo appartamento di Colleferro in provincia di Roma.

Nel suo computer e nel suo telefonino, sequestrati e sottoposti ad accurati accertamenti tecnici, dai tecnici non è stata trovata traccia delle immagini di cui parlava. I magistrati a questo punto dubitano che il filmato esista e spiegano che il filmato resta «presunto fino a prova contraria», quindi la Procura di Roma lascia intendere che la ricerca del filmato continua ancora.

Durante l’interrogatorio Cacciotti ha ribadito quello che aveva avuto modo di raccontare nei giorni scorsi ai giornali, e cioè che lui quel video lo ha visto, risalirebbe alle regionali del 2005, epoca del cosiddetto Laziogate. A girarlo, però, non sarebbe stato lui e non ne sarebbe mai entrato in possesso. A farglielo vedere su un telefonino, lo scorso agosto, sarebbe stato un uomo che girava con un’auto di servizio e mostrava tesserini istituzionali.

Quest’uomo si sarebbe rivolto proprio a lui perché voleva essere messo in contatto con Corona, credendo che fosse l’unico in grado di piazzare un filmato del genere: Cacciotti avrebbe rifiutato l’offerta di fare da intermediario, ma avrebbe comunque cercato di sfruttare la situazione per guadagnare qualcosa in un momento in cui aveva un disperato bisogno di denaro.

La versione di Cacciotti però, che non convince affatto i magistrati anche perché il messaggio inviato a palazzo Chigi aveva il nome e il cognome del mittente, come se fosse stato inviato solo con lo scopo di mettere in difficoltà i due politici.