Il “vizietto” della casa e dell’affitto di favore: un milione di “fortunati” in Italia

di Lucio Fero
Pubblicato il 7 Marzo 2011 - 13:20 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Il “vizietto” della casa o dell’affitto “di favore: Gabriele Moratti, il figlio di Moratti Letizia sindaco di Milano con i suoi “capannoni” che diventano “laboratorio” e poi casa-Batman con piscina di acqua salata e botola, la compagna giornalista del candidato sindaco dell’opposizione, Giuliano Pisapia, che tanti anni fa ottiene un appartamento a basso canone dal Pio Albergo Trivulzio e poi esita e ritarda nell’uscirne quando il suo partner di privata vita diventa uomo pubblico, il parente del’ex ministro Visco che acquisisce una casa a Roma in una regolare asta che però è singolarmente ignota ai più, le centinaia di case assegnate dall’Ater di Roma negli anni di Veltroni sindaco a una vasta umanità vicina e contigua alla politica, i tremila appartamenti nella capitale gestiti e distribuiti dall’Istituto Propaganda Fide a ministri, parlamentari e a vario titolo operatori della politica. Ma è solo la politica ad avere e coltivare il “vizietto”? No, i “fortunati” sono molti di più: non dieci, cento, mille…Ma diecimila, centomila, un milione. Il “vizietto” della casa e dell’affitto di favore è costume, sistema di una oligarchia delle relazioni e delle conoscenze e pratica insieme maledetta e invocata da un’opinione pubblica schizofrenica.

In principio fu, anzi era, anzi è un mercato distorto. Sul “libero” mercato immobiliare la casa e l’affitto sono merce rara e costantemente alloggiati in una bolla di sovraprezzo. Se la casa è “roba” privata, sia se la vuoi comprare, sia se la vuoi affittare, costa moltissimo rispetto ai redditi da lavoro, anche quelli medi e medio alti. Ed in entrambi i casi, acquisto o affitto, la merce disponibile sul mercato non è spesso di qualità. Se invece è “roba” pubblica o semi pubblica la casa sul mercato cala di prezzo, diventa “roba” di nessuno. O meglio di chi può accedervi. E chi in Italia può dire: “Io può”? Una vasta platea, più vasta di quel che si pensa. Fatta di professionisti, commercianti, ristoratori, giornalisti, manager cui viene consegnata e che tra loro si scambiano la “chiave” che apre la porta della “opportunità”. Il passa-parola a circolazione limitata ma non ristretta della dismissione di appartamenti pubblici e semi pubblici. La “fortuna” centellinata ma distribuita dell’essere informati dell’esistenza di un’asta. C’è un mercato della casa di favore, per accedervi ci sono “buoni”, voucher sociali ben più vasti della parentela o affiliazione politica.

A Firenze le case dell’Ipab portano all’ente un milione e mezzo di euro in affitti a fronte di 5/6 milioni potenziali di redditività. Sono affitti bassi per “fortunati” e tra questi fortunati nomi e cognomi di “casta” non ne trovi. Però qualcuno abita in via Guelfa a a 467 euro al mese per 176 metri quadri. E qualcuno ha un locale in via Calzaiuoli che fattura tre milioni di euro l’anno e paga di affitto 1.800 al mese. Perché nelle proprietà immobiliari dell’Ipab, istituzione di pubblica assistenza e beneficienza, vivono e lavorano ristoranti, bar, hotel e normalissima gente comune che però indigente non è? A Palermo l’Istituto autonomo case popolari consegna immobili ad attività commerciali sulla base di una auto dichiarazione del richiedente. Pochissimi conoscono la procedura: un ex assessore provinciale che con 150 euro al mese si paga due magazzini al centro città, il bar Magnolie paga 832 euro per 220 metri quadri. Tutto in regola, ma la “regola” è tenuta nascosta ai più. Così l’ottanta per cento dei magazzini Iacp è stato trasformato in abitazioni o uffici. A Genova c’è la Misericordia, ente privato. Possiede case, di pregio. Le affitta a cento euro al mese. Tra i tanti al professor Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Bambin Gesù, consulente in Vaticano sulla Sanità. Non è un abuso, è una graziosa opportunità. Sempre a Genova l’Istituto Brignole ha dismesso case nel quartiere residenziale del Castelletto: giornalisti, docenti unioversitari e non solo politici hanno saputo prima degli altri e hanno colto la legittima oppportunità di sconti sul prezzo di acquisto dal 30 al 50 per cento. La comunità di Val di Sangro in Abruzzo incassa 129 euro al mese di affitto da una società che gestisce un villaggio di 30mila metri quadri, 15 bungalow, piscina, campi da tennis, parcheggi…

Non solo Roma, dove regnante Alemanno le case Enasarco finiscono ancora a chi può e Milano dove non è solo il Trivulzio, non solo la politica…I “fortunati” sono tanti e diversi e sparsi nella penisola e in tutto l’arcipelago sociale. Società, insomma la gente che di fronte al “vizietto” della casa di favore reagisce con quella che Silvio Berlusconi, stavolta senza sbagliare, definirebbe “invidia” più che condanna. Invidia per quelli che ci riescono, rabbia per non sapere come riuscirci. Invidia e rabbia che però subito si spengono quando l’opportunità diventa raggiungibile. Allora smette di essere insopportabile privilegio e diventa praticabile e accettabile strada da seguire con ingegno e determinazione. Gli “altri con il vizietto” sono detestabili, fino a che quegli “altri” non diventiamo noi. L’oligarchia delle conoscenze e delle relazioni più che abbatterla vogliamo “bucarla”, entrarne a far parte. Per questo è alto il grido allo scandalo, alto ma stridulo. Perchè le regole con cui funziona e si amministra un’oligarchia, anche quella della casa di favore, inevitabilmente scivolano e degradano verso l’abuso. Ma noi non chiediamo regole contro il “vizietto”, chiediamo di essere invitati e accolti nelle case e negli affitti “viziati”. Chiediamo che il milione di “fortunati” diventino due milioni e ci regaliamo la non pietosa bugia che i “fortunati” siano cento o mille “parenti” della politica.