Why not, inchiesta “ridimensionata”: il “flop” di De Magistris è costato allo Stato 10 milioni di euro

Pubblicato il 20 Ottobre 2010 - 13:47 OLTRE 6 MESI FA

Luigi De Magistris

L’inchiesta “Why not” ha cercato più “il risalto dei media” che “la verifica dei reati”. E’ quanto sostiene il gup di Catanzaro Abigail Mellace nelle motivazioni della sentenza con la quale ha condannato, con rito abbreviato, 8 persone e ne ha assolte 34. Il Giornale ha spiegato che questo “fiasco” promosso da Luigi De Magistris (all’epoca pm, oggi eurodeputato dell’Italia dei Valori) è costato all’erario italiano 10 milioni di euro (di cui 9 di consulenze). Il clamore suscitato dall’inchiesta portò alle dimissioni di Clemente Mastella dal ruolo di ministro della Giustizia e la susseguente caduta del governo Prodi.

Secondo Mellace “l’intero castello accusatorio” di Caterina Merante, principale teste d’accusa nel processo, “è crollato in toto”. A cominciare, afferma il gup, dall’esistenza di un presunta Loggia segreta di San Marino nella quale sarebbe stato coinvolto anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi: “Tutte le gravi dichiarazioni” fatte dalla teste sull’argomento “non rappresentano oggetto di alcuna imputazione in quanto i fatti di reato che inizialmente erano stati ipotizzati dagli inquirenti, con conseguente iscrizione nel registro degli indagati dei soggetti a cui venivano attribuiti, sono stati stralciati e divenuti oggetto di una richiesta di archiviazione accolta dal gip”.

“Le dichiarazioni della Merante – prosegue il gup – sono state ritenute inattendibili, non solo in quanto intrinsecamente incredibili, ma perchè smentite dagli esiti delle attività investigative di riscontro compiute dagli inquirenti”. Il processo Why not, dunque, scrive il gup, “non è fondato sulle sue rivelazioni ma su diversi elementi di prova, dichiarativi e documentali, acquisiti nel corso delle indagini e che hanno permesso di ricostruire oggettivamente i molteplici fatti illeciti”.