Zanda spiega il sì del Pd al ddl Boschi: “Servono riforme realizzate, non solo immaginate”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Agosto 2014 - 12:56 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Il nostro sistema pubblico ha bisogno di riforme finalmente realizzate, non solo immaginate”: così il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda ha dichiarato il voto favorevole del suo gruppo al disegno di legge di riforma costituzionale firmato dal ministro delle Riforme Maria Elena Boschi.

Per Zanda, governi più stabili e un potere legislativo più efficiente servono anche allo sviluppo economico e questa volta non sarà come nel 2001 (riforma del titolo V della Costituzione voluta dalla maggioranza di centrosinistra) e nel 2005 (riforma dell’impianto costituzionale voluta dal centrodestra): le regole del gioco si cambiano insieme.

Queste le parole di Zanda in Senato: “Il voto dei senatori del Partito Democratico poggia sulla consapevolezza che la soluzione della drammatica crisi italiana è così lunga e così complessa perché abbiamo non solo un’economia debole, ma anche istituzioni vecchie, un sistema politico malato, amministrazioni pubbliche inadeguate“.

“Il nostro Stato è fragile e sono fragili le sue articolazioni, dal Parlamento al Governo, dalla giustizia al fisco, dai lavori pubblici alla scuola. Dobbiamo passare dalla recessione allo sviluppo e battere la disoccupazione. Ma non lo potremo mai fare se non saremo capaci di difendere la nostra democrazia e di renderla più efficiente, se non ci doteremo di una macchina pubblica in grado di competere sul piano internazionale”.

Dicono che alla Merkel, a Cameron, Hollande e Juncker non interessi nulla della riforma del Senato. È un’affermazione discutibile. È però sbagliato pensare che i leader europei non sappiano che l’Italia è l’unico paese dell’Unione ad avere ancora un bicameralismo paritario e che questa condizione è un ostacolo serio alla nostra capacità decisionale. Potere legislativo efficiente e durata dei governi sono le precondizioni minime per lo sviluppo. Non è un caso che il Senato, dove non è mancato il dissenso, sia unanime su un punto fondamentale: il bicameralismo perfetto deve finire. Su questo passaggio, che è il cuore della riforma, ci siamo ritrovati pressocché tutti. Ci siamo divisi sul ‘come’ il bicameralismo paritario debba essere cambiato, non sul ‘se'”.

Il presidente del Pd al Senato sottolinea infine che le riforme “saranno approvate da un consenso più largo della maggioranza di governo. Così deve essere perché le regole del gioco non si modificano senza interpellare tutti, senza chiedere a tutti di partecipare. Il centro sinistra nel 2001 e il centro destra nel 2005 fecero da soli e sbagliarono. Il Pd è impegnato a non ripetere l’errore e, in questo spirito, intende anche operare sottoponendo le riforme ad un referendum confermativo”.

“Quando si parla di Costituzione, bisogna controllare il linguaggio”. Su molte questioni il nostro dibattito d’Aula è stato profondo e fecondo. Ed è un peccato che alcuni parlamentari, sul medesimo argomento, abbiano votato in un modo a scrutinio palese e in un altro a scrutinio segreto. Non era necessario. Non ho neppure condiviso accuse che, quando ci sono state, hanno travalicato una misura che dovrebbe essere sempre rispettata, accuse di tradimento della Costituzione, di rischi per la democrazia”.

“In una grande democrazia europea del XXI secolo come l’Italia, ci si può dividere su tutto, distinguendosi nel merito dei problemi o sulle posizioni politiche. Quel che non possiamo fare e non dovremmo mai fare, è separarci evocando la Corea del Nord, il regime stalinista, gli attentati all’integrità costituzionale. Eppure questo è stato detto. Quando si parla di Costituzione, controllare il linguaggio è molto importante”.

I senatori del Partito Democratico hanno sempre ricercato il confronto e, se possibile, la convergenza con tutti i Gruppi della maggioranza e dell’opposizione. Le difficoltà di rapporto hanno riguardato solo chi si è autoescluso dal dibattito e dal confronto”.

“Ci sono state fasi del nostro lavoro rudi e turbolente”.

“Debbo sottolineare come i senatori del Partito Democratico abbiano mantenuto un comportamento d’Aula sempre corretto, anche davanti agli eccessi, non solo verbali, che hanno determinato gravi interruzioni del lavoro dell’Aula. Mi è parso, lo dico con franchezza, che i segni di intolleranza nascessero da un livore politico nei confronti del governo e della maggioranza più che da un dissenso su punti della riforma”.