Afghanistan, il “macellaio di Kabul” Hekmatyar torna in città. “Una vergogna”

di redazione Blitz
Pubblicato il 9 Maggio 2017 - 06:20 OLTRE 6 MESI FA
Afghanistan, il "macellaio di Kabul" Hekmatyar torna in città. "Una vergogna"

Afghanistan, il “macellaio di Kabul” Hekmatyar torna in città. “Una vergogna”

KABUL – Il “macellaio di Kabul” è il soprannome di Gulbuddin Hekmatyar, uno dei signori della guerra che hanno sfasciato l’Afghanistan dopo la partenza dei russi negli anni ’90. Il suo rientro nella capitale, anni dopo, come un divo, è descritto come una vergogna e un affronto da  Naveed Hussain, sul giornale pakistano Express Tribune.

Negli anni ’90, ricorda Hussain, l’Afghanistan era lacerato dalla guerra civile. I sette gruppi “jihadisti” che cacciarono i Sovietici fuori dal loro Paese erano coinvolti in micidiali lotte intestine per il bottino di guerra. Gulbuddin Hekmatyar, capo del partito Hizb-e-Islami, era una figura chiave della spirale di violenza. I suoi militanti  arroccati sulle strategiche colline che si affacciano su Kabul, facevano partire fuoco a raffica dopo la serie ininterrotta di razzi nella capitale che avevano abbattuto un terzo dei quartieri della città.

Kabul era in rovina e i suoi abitanti stavano vivendo un incubo. Morte e la distruzione spinsero il presidente Burhanuddin Rabbani, nel 1993, a nominare Hekmatyar primo ministro. Tuttavia, il brutale signore della guerra rifiutava di lasciare la sua base strategica sulle colline e trasferirsi nell’abitazione del primo ministro. Arrivava nella capitale, scortato dai camion carichi di suoi feroci combattenti, solo per presiedere le riunioni di governo. E se una riunione andava storta, tornava alla base per lanciare una raffica di razzi sulla capitale.

L’assedio è andato avanti fino al 1996, si stima che ci siano stati 50mila dispersi, soprattutto civili, e in parecchi abbiano perso la vita. Il massacro ha fatto guadagnare a Hekmatyar il soprannome di “macellaio di Kabul”. Nel 2001, dopo l’invasione americana guidata dall’Afghanistan, si è nascosto e dato il via a una rivolta mortale andata avanti per successivi due decenni.

Ma il futuro va avanti velocemente. È il 4 maggio 2017. Hekmatyar, che ora ha 69 anni, torna trionfalmente a Kabul come un eroe, nella città che lui e i suoi uomini hanno ridotto in macerie. I militanti con pistole e granate scortano Hekmatyar con un enorme convoglio di autovetture, autocarri e suv, gli elicotteri militari controllano dall’alto.

Il famigerato signore della guerra, mentre calca il tappeto rosso del palazzo presidenziale per la cerimonia di benvenuto, è affiancato dal presidente Ashraf Ghani, dal capo dell’esecutivo Abdullah Abdullah e dall’ex presidente Hamid Karzai.

Ghani e Abdullah sono raggianti. Hekmatyar, leader della seconda più grande fazione militante dell‘Afghanistan, ha “prestato ascolto alla proposta di pace”. E per Ghani, questo non è un risultato da poco. Nel corso della cerimonia, Hekmatyar esorta altri ribelli, in particolare i talebani, a rinunciare alla violenza e ad unirsi alla “carovana della pace”.

Il giorno successivo fa un’incredibile apparizione pubblica allo stadio di calcio Ghazi a Kabul completamente affollato di persone. I suoi sostenitori, un numero enorme, sono arrivati per vedere e ascoltare Hekmatyar dopo 20 anni. Il signore della guerra non sembra avere rimpianti. Con orgoglio parla del “coraggio” dei suoi compagni d’armi, anche se ora è “disposto a lavorare con tutti per raggiungere l’obbiettivo sacro della pace”.

Alcuni analisti ritengono che la condiscendenza di Hekmatyar a rinunciare alla violenza e sottomettersi alla Costituzione dell’Afghanistan sia un punto di svolta. Per loro, l’evoluzione ha sollecitato la speranza che Ghani possa vincere contro più nemici e, alla fine, domare il conflitto.

Ma gli scettici, tuttavia, affermano che si tratta di una vana speranza: pensano che Hekmatyar ora sia un lupo sdentato incapace di depredare e il suo seguito diminuito. La rinuncia di Hekmatyar alla violenza non è probabile che porti alla fine della spirale degli scontri poiché i talebani sono la chiave per la pace. Al contrario, abbonda il timore che Hekmatyar, di etnia Pashtun, possa alimentare le tensioni nella società afgana divisa in nove etnie. E ciò comporterebbe problemi per il governo di unità nazionale che sta già affrontando sfide economiche, politiche e di sicurezza.

A parte queste considerazioni, scrive The Express Tribune, una cosa è chiara: il ritorno di Hekmatyar a Kabul ha riportato a galla amari ricordi negli abitanti della città che ha tormentato per quattro anni. Per migliaia di afgani che hanno perso i loro cari nei blitz a colpi di missili di Hekmatyar, il tronfio ritorno a casa del “macellaio di Kabul” ha solo aggiunto una beffa oltre al danno. Hekmatyar, un tempo definito dall’Onu terrorista mondiale, è accusato di numerose atrocità e crimini contro l’umanità.