Ahmadinejad chiede all’amico Assad di mettere fine alla repressione

Pubblicato il 9 Settembre 2011 - 16:48 OLTRE 6 MESI FA

DAMASCO – Per anni grandi cartelloni per celebrare la decennale alleanza tra la Siria e l’Iran sono stati ovunque nella capitale siriana, con manifesti perfino sui taxi, recanti le immagini del presidente siriano Bashar al-Assad e di quello iraniano Mahmud Ahmadinejad ricamate con rose e narcisi. Ma quell’alleanza sta ora attraversando tempi duri, e Ahmadinejad è diventato il più recente, e probabilmente inaspettato, leader mondiale che ha sollecitato Assad a por fine alla violenta repressione contro i siriani che da mesi stanno sfidando, con gravi spargimenti di sangue, il suo dittatoriale regime.

Quando fiorì la Primavera Araba, capovolgendo l’ordine regionale, sembrò che il vero vincitore fosse l’Iran: il suo avversario regionale, il presidente egiziano Hosni Mubarak era stato destituito e il suo più importante alleato, la Siria, imbaldanzita. Ma non c’è voluto molto prima che la Primavera Araba arrivasse anche in Siria, e adesso, mentre i soldati di Assad continuano ad ammazzare inermi dimostranti, l’Iran vede la sua vittoria evaporare su due fronti: la sua immagine di guardiano della resistenza araba è stata infranta, e il suo più importante e strategico alleato nella regione rischia di fare la fine di Mubarak.

Anche se è stato accusato di fornire armi e aiuti finanziari ad Assad per sostenere la sua repressione, l’Iran ha notevolmente aumentato le sollecitazioni affichè Assad ponga fine alle violenze e avvii riforme del suo sistema politico, con lo scopo di riaggiustare la sua immagine e, se possibile, in qualche modo riabilitarlo.

”I Paesi della regione possono aiutare il popolo e il governo siriano nell’applicare riforme essenziali e nel risolvere i loro problemi”, ha detto Ahmadinejad in una intervista a Teheran postata sul suo sito ufficiale. Altre notizie sull’intervista raccolte da una televisione portoghese lo hanno citato in questi termini: ”Una soluzione militare non è mai la soluzione giusta”, un’affermazione alquanto ironica da da parte di un uomo la cui discutibile rielezione nel 2009 scatenò una protesta popolare repressa con brutalità.

La caduta del governo Assad sarebbe un grave colpo per l’Iran a maggioranza sciita, tagliando il ponte con il suo principale alleato nel mondo arabo e al contempo rafforzando i suoi principali rivali regionali, l’Arabia Saudita e la Turchia, entrambi a maggioranza sunnita. L’Iran perderebbe anche la possibilità di fornire armi agli Hezbollah in Libano, ulteriormente indebolendo la sua ambizione di essere la principale potenza regionale dal Pakistan al Medio Oriente.