Le gelosie di Bush per “l’amicizia” tra Berlusconi e Gheddafi. I documenti

Pubblicato il 12 Settembre 2012 - 15:59 OLTRE 6 MESI FA
Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi (Foto Lapresse)

NEW YORK – George Bush era “geloso” degli accordi tra l’allora premier italiano Silvio Berlusconi e il leader libico Muammar Gheddafi: lo direbbero i documenti riservati della diplomazia americana che La Stampa ha potuto osservare e di cui ha scritto.

I documenti riguardano il periodo 2007-2009, comprendendo quindi la firma del Trattato di Amicizia di Bengasi tra Berlusconi e Gheddafi, il 30 agosto del 2008. Proprio quel Trattato, con cui Berlusconi prometteva investimenti per 5 miliardi di euro in venti anni in cambio della chiusura del contenzioso coloniale, sarebbe stato uno dei motivi di gelosia per Bush junior.  Il presidente americano temeva che quell’accordo potesse danneggiare gli interessi economici degli Stati Uniti e della Nato come già nel 1986, quando l’allora premier italiano Bettino Craxi avvertì Gheddafi che Ronald Reagan stava per bombardare Tripoli.

Dai documenti risulta che all’inizio di settembre 2008, in piena campagna elettorale per le presidenziali poi vinte da Obama, l’ambasciata americana a Tripoli mandò un’informativa al Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. L’ambasciatore Christopher Stevens, morto l’11 settembre 2011 in un attacco al consolato di Bengasi, illustrò a Bush e a Rice i risultati ottenuti da Berlusconi con il Trattato di Amicizia.

Allo stesso tempo l’ambasciatore Stevens scrisse che Gheddafi “ha sottolineato come il testo firmato con l’assistente segretario di Stato per gli affari orientali David Welch” fosse “non un trattato”, come quello italiano, ma solo “un accordo per chiudere una pratica. La Libia non cerca né amicizia, né ostilità dall’America, chiede solo di essere lasciata in pace”, scriveva Stevens nel documentoAffermando che Tripoli ha cominciato e modellato i negoziati per normalizzare le relazioni, Gheddafi ha dichiarato di aver ottenuto dagli Stati Uniti ciò di cui aveva bisogno. Non è la Libia che ha cambiato posizione in risposta alle pressioni internazionali, ma il mondo che ha progressivamente abbracciato il suo punto di vista, dopo i contrattempi del passato dovuti alla follia di leader occidentali come Reagan e Thatcher”.

Il 31 ottobre fu l’ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, a mandare un rapporto segreto alla Rice dopo la diffusione della notizia che Craxi aveva avvertito Gheddafi dei bombardamenti di Reagan su Tripoli. Nel rapporto scriveva anche di alcuni dettagli del Trattato di Amicizia Italia-Libia: “Il Trattato consente alle compagnie italiane di ottenere condizioni privilegiate sulle infrastrutture e altri contratti in Libia. Il ministro Frattini ha poi ribadito che l’Italia accoglierà Gheddafi in amicizia, se deciderà di visitarla”.

A preoccupare Spogli sarebbero stati soprattutto i risvolti economici del Trattato: “Questo mese i libici hanno acquistato il 4,9% di Unicredit, una delle più grandi banche italiane, e stanno comprando azioni dell’Eni, la compagnia parastatale del settore energetico. I libici sarebbero interessati anche a prendere una porzione di Telecom Italia. Se questo accordo si concludesse, farebbe alzare le sopracciglia: all’inizio del 2007 l’AT&T aveva cercato di entrare in Telecom, ma si era ritirata quando preminenti figure politiche avevano minacciato interventi per preservare l’italianità, o almeno il carattere europeo, della compagnia”.

I rapporti sulle relazioni tra Italia e Libia non finiscono con l’era Bush. Nel febbraio del 2009 l’incaricato d’affari Elizabeth Dibble riprende il filo, inviando un rapporto al nuovo segretario di Stato Hillary Clinton. “Entrambi i Paesi (cioè Italia e Libia, ndr) si sono accordati per risolvere pacificamente le controversie, non condurre azioni ostili reciproche, e non consentire l’uso del loro territorio a terzi, per lanciare azioni ostili contro ciascuno dei due Paesi”. Nel 2011 gli aerei della Nato sarebbero decollati dalle basi italiane per annientare il regime di Gheddafi.