Cambogia, il tribunale Onu nei guai: stop al processo dei Khmer rossi

Pubblicato il 20 Giugno 2011 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA

BANGKOK – “E’ di parte, sta con il governo”: è finito nei guai il tribunale delle Nazioni Unite in Cambogia. Otto anni fa venne istituito per giudicare i crimini degli uomini di Pol Pot, il leader dei Khmer Rossi e ora è nella bufera perché accusato di appoggiare l’esecutivo, di non essere imparziale e di chiudere un occhio su alcuni processi e sulle violenze e i lavori forzati che hanno ucciso 1,7 milioni di persone.

L’esecutivo è quello di Phnom Penhn, retto dal primo ministro Hun Sen, un ex uomo dei Khmer rossi degli anni Settanta. I filoni giudiziari sono diversi: la stampa americana li ha ribattezzati, caso uno, caso due e caso tre. Proprio attorno a quest’ultimo processo ai leader del regime è stato bloccato dalle toghe Onu e questo ha insospettito l’opposizione e creato grande tensione.

Il sospetto è che i magistrati della commissione speciale si siano fatti influenzare dal governo, già appesantito dagli altri due procedimenti: uno in cui venne condannato un carceriere, e un secondo dove alla sbarra sono finiti quattro alti funzionari del regime di Pol Pot.

Quattro membri del tribunale Onu hanno lasciato l’incarico in segno di protesta e il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha respinto tutte le critiche.

Secondo quanto spiega Seith Mydans dalle colonne del New York Times i giudici avrebbero condotto superficialmente le indagini, ignorando punti importanti delle testimonianze, per poi decidere che quanto scoperto era abbastanza per bloccare il terzo processo ai Khmer Rossi.