Cina/ Dietro le tensioni di Urumqi e la violenza tra cinesi e uiguri si nascondono gli errori politici del governo di Pechino

Pubblicato il 8 Luglio 2009 - 09:06 OLTRE 6 MESI FA

Una violenza inaudita, che in Cina non si vedeva da anni ha insanguinato le strade di Urumqi. Le tensioni represse delle minoranze etniche sono sfociate , tra cinesi e uiguri è scoppiata la guerriglia, ma dietro le lotte si nascondono anni di politiche sbagliate da parte delle autorità di Pechino. Adesso urge la necessità di cambiare rotta in politica.

Negli scontri degli ultimi giorni sono morte 150 persone, i feriti sono centinaia e migliaia di dimostranti sono stati arrestati. A Urumqi è calato il silenzio nel pomeriggio di martedì, ma le controversie tra la maggioranza cinese Han e la minoranza uigura non è ancora sotto controllo.

Le strade sono pattugliate dalle forze armate speciali, c’è un poliziotto ogni 50 metri lungo la piazza e le strade principali, i giornalisti sono segregati nell’hotel messo a disposizione dal governo locale e dal Ministero degli Esteri, la gente non può muoversi di casa. Centinaia di donne uigure, però, chiedono disperatamente di sapere dove sono detenuti i loro mariti, arrestati durante gli scontri.

Apparentemente tutto è cominciato dopo che un gruppo di uiguri è sceso per le strade di Urumqi per protestare contro l’uccisione di due contadini, in seguito all’irruzione dei cinesi Han in un dormitorio uiguro nel sud del paese.

Le autorità cinesi puntano il dito contro il parlamento Uiguro in esilio, secondo Pechino le responsabilità delle rivolte sono da attribuire ai dissidenti uiguri, “menti indiscusse” delle proteste violente. Da parte della minoranza uigura però scatta l’accusa contro la polizia cinese che avrebbe soffocato nella violenza una manifestazione pacifica.

Chiunque sia stato il primo a colpire, tra cinesi e uiguri è guerra intestina da anni. Le barricate distrutte, le vetrine in frantumi, le macchine in fiamme sono solo il vessillo sbandierato di una convivenza difficile, di un disagio soppresso nel tempo.

Gli incidenti di questi giorni dimostrano la fragilità politica del gigante Pechino. I giovani che manifestano per le strade di Urumqi non sono burattini nelle mani delle potenze straniere, ma sono i figli del regime cinese. In termini di copertura mediatica le autorità hanno usato la tattica opposta rispetto alla censura ordinata in Tibet: hanno diffuso immagini, registrazioni e fotografie, ma la repressione politica e militare non è cambiata. E per il quotidiano tedesco di centro sinistra “Süddeutsche Zeitung” tutto questo si chiama “arroganza razzista”.