Clima, da domani a Copenhagen i ministri dell’Ambiente alla ricerca di un accordo

Pubblicato il 15 Novembre 2009 - 20:54| Aggiornato il 16 Novembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

L’amore viscerale dei giornalisti italiani per il presidente Barack Obama è tale che siti internet e agenzie di stampa hanno usato il termine compromesso per descrivere l’umiliante resa senza condizioni degli europei di fronte al bidone tirato da Obama al resto del mondo con la complicità dei cinesi. Obama si è servito dello scudo della Cina, uno dei paesi con il maggiore livello di inquinamento della terra per coprire la sua rinuncia non troppo onorevole ai bei principi esposti in campagna elettorale.

Il verde e l’ambientalismo, un anno dopo l’elezione,m hanno lasciato il posto a una bella dose di cinismo, che ha consentito a Obama di piegarsi agli interessi dell’industria americana, anch’essa molto indietro in termini di adeguamento dei propri impianti alle esigenze della salvaguardia ambientale globale.

Restano con un palmo di naso gli europei, ai quali i burocrati di Bruxelles avevano già imposto restrizioni un po’ in anticipo sui tempi e restano anche in difficoltà gli imprenditori europei, quelli del continente, che si trovano ora stretti nella tenaglia della concorrenza americana e cinese, cui l’elusione di impegni seri e vincolanti da assumere a Copenhagen darà certamente una nuova spinta competitiva.

Così il vertice mondiale dell’Onu sull’ambiente, previsto a Copenhagen, il prossimo dicembre, parte in salita sul fronte delle misure di riduzione della Co2.

In preparazione del vertice di dicembre, ormai inutile, lunedì e martedì, a 22 giorni dall’inizio del vertice di dicembre, nella capitale danese i ministri dell’Ambiente, compreso il ministro italiano Stafania Prestigiacomo, nella due giorni di consultazioni informali si troveranno sul tavolo il nuovo scenario che si è aperto a Singapore. Compito non facile per i ministri quello di preparare il terreno per Copenaghen, visto che sul vertice di dicembre ora si grida al flop.

Quello che è stato definito un compromesso accettato da Obama è in realtà un colpo di roulette, che un italiano non avrebbe mai tentato, giustamente vergoganndosi,  del primo ministro danese, interessato in quanto padrone di casa di un verticeche dovrebbe riunire 192 paesi, cioè tutto l’atlante. Quando ha capito che non si sarebbe fatto nulla di buono, il danese è corso a Singapore e ha proposto il minuetto dei due tempi, prima l’intesa politica, cioè parole vuote, poi quella vincolante, a babbo morto.

La mancanza di target vincolanti per la riduzione delle emissioni è ibfatti il cuore della questione. Ma gli ottimisti vedono nell’uno due un aspetto positivo, in quanto potrebbe invece agevolare il dialogo con i Paesi ancora mancanti all’appello del Protocollo di Kyoto, Usa e Cina. Anche perché gli Stati Uniti non farebbero in tempo per dicembre a presentarsi con una legge sul clima che potrebbe invece vedere la luce nella seconda metà del 2010.

«Domani – ha detto il ministro Prestigiacomo – sarò nella capitale danese per l’ultima riunione in vista della Conferenza Onu di dicembre.Sarà l’occasione anche per valutare la proposta che il premier danese Lars Lokke Rasmussen ha presentato all’Apec di un’intesa in due fasi, una politica e una successiva vincolante. Una formula questa che potrebbe rappresentare uno snodo fondamentale per coinvolgere nel processo di lotta ai cambiamenti climatici chi finora è rimasto fuori dagli impegni internazionali alla riduzione delle emissioni, come Usa e Cina. Due Paesi senza i quali ogni strategia sul clima rischia di restare solo simbolica».

Le principali questioni da discutere, oltre quelle relative alla forma del futuro accordo, riguardano in particolare le azioni di mitigazione e i finanziamenti per i Paesi in via di sviluppo.