Corruzione, disoccupazione e dittatura: dalla Libia al Bahrein, le ragioni della rivolta

Pubblicato il 17 Febbraio 2011 - 18:06 OLTRE 6 MESI FA

BEIRUT – Corruzione, povertà, disoccupazione giovanile dilaganti, ma anche assenza delle libertà fondamentali e repressione da parte di dittature al potere da decenni: queste le principali cause che spingono centinaia di migliaia di persone nel mondo arabo-islamico a protestare contro i rispettivi regimi. Ecco una sintesi delle richieste dei dimostranti, paese per paese.

Algeria. Dall’inizio di gennaio numerose proteste sono state organizzate da migliaia manifestanti, per lo più attivisti dei partiti d’opposizione e sindacalisti, uniti attorno alla richiesta di dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika, al potere da quasi 12 anni. I dimostranti chiedono a gran voce una reale lotta alla corruzione, alla disoccupazione giovanile e alla povertà. Il governo è corso ai ripari assicurando l’avvio di un programma di sussidi pubblici e all’inizio di febbraio, Bouteflika ha promesso di abrogare “nel prossimo futuro” lo stato d’emergenza, in vigore da vent’anni.

Libia. Le proteste in corso in Libia sono state indette su Internet dai partiti di opposizione all’estero e quelli clandestini in patria. I manifestanti chiedono la caduta del leader della Jamahiriya libica, il colonnello Muammar Gheddafi, il più longevo rais arabo, al potere 42 anni.

Egitto. I manifestanti anti-Mubarak hanno invocato la liberazione dei detenuti politici, la liberalizzazione dei media, la lotta alla corruzione e ai privilegi dell’oligarchia al potere. Il Paese è ora guidato da una giunta militare in attesa che venga rivista la costituzione e la convocazione, entro agosto, di prossime elezioni presidenziali.

Yemen. Al potere da 33 anni, il presidente Ali Abdallah Saleh ha annunciato, dopo giorni di proteste popolari, lo scorso 2 febbraio che non si ricandiderà alle elezioni del 2013. Le manifestazioni anti-regime non si placano però in tutto il Paese, il più povero di tutto il mondo arabo. I disordini più violenti si sono finora verificati nella capitale Sanaa, a Taiz e ad Aden, porto dominato dall’opposizione secessionista che da anni chiede la ricostituzione dello Yemen del Sud. I dimostranti chiedono, tra l’altro, ampie riforme politiche e una seria lotta alla povertà.

Bahrein. I manifestanti sciiti del Bahrein, che rappresentano il 70 per cento della popolazione dell’arcipelago, chiedono una “nuova costituzione” che garantisca loro una maggiore rappresentanza sulla scena politica, dominata dalla casa regnante sunnita dei Khalifa, al potere da oltre due secoli.

Iran. A più di un anno e mezzo di distanza, i manifestanti iraniani sono tornati in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Mahmud Ahmadinejad, sulla cui rielezione nel 2009 pesavano ombre di brogli, e riforme per limitare lo strapotere degli organi religiosi più conservatori.