Deneuve al veleno contro Carla Bruni: “Si è tirata addosso gli insulti degli ayatollah, non doveva usare il nome del marito”

Pubblicato il 5 Settembre 2010 - 13:33 OLTRE 6 MESI FA

Catherine Deneuve. Meglio non alzare troppo il braccio

Veleno tra dive, ma anche un po’ di elementare buon senso, nel duro attacco, in punta di sorriso, portato da Catherine Deneuve a Carla Bruni. Motivo scatenante la angosciosa e angosciante vicenda dell’iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani, condannata per adulterio a orribili pene, dalla lapidazione a 99 colpi di frusta.

La povera iraniana è da settimane al centro della indignazione mondiale, si sono mossi governi, a cominciare da quello brasiliano guidato dal “buon amico” dell’Iran, Lula, e non è mancato l’immancabile appello di intellettuali,  cui non poteva mancare l’immancabile firma di Carla Bruni, il cui nome certo peserebbe poco se non fosse quello della moglie del presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy.

Le parole della Deneuve sono puro distillato di veleno, pronunciate con la glaciale crudeltà di una bella anche se non più bellissima donna, più vecchia di un quarto di secolo dell’altra, ma indubbiamente grande attrice rimasta sulla cresta dell’onda per quasi mezzo secolo di successi. Comincia con la commiserazione per Sakineh: «Spero che la mobilitazione internazionale possa servire a fermare questa barbarie. Quella donna ha pagato già abbastanza, è stata torturata, le hanno estorto confessioni in modo atroce. Ma anche se fosse colpevole è impensabile una simile condanna».

Poi, ricorda Giuseppina Manin sul Corriere della Sera, nei giorni scorsi tra i tanti che hanno firmato l’appello in suo favore c’è stata anche la première dame francese, Carla Bruni Sarkozy. E in cambio si è sentita dare della «prostituta» dalla stampa iraniana.

Lapidaria la Deneuve: «Quando si è una personalità molto nota bisogna essere cauti, sottoscrivere appelli può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Talvolta persino controproducente per la causa per cui ci si spende. Lo so bene, mi sono battuta tante volte contro la pena di morte, quasi sempre purtroppo invano».

Il colpo di grazia: «Nel caso di Carla Bruni  l’aver aggiunto il cognome del marito al suo, certo non ha giovato. Dall’altra parte hanno colto la palla al balzo. L’allusione a una sua vita passata poco morigerata è stato come dire: occupatevi dei fatti vostri».

Certamente un po’ dell’acredine di queste parole si può attribuire al risentimento della Deneuve, che ai tempi del presidente socialista Francois Mitterrand fu scelta per dare un volto alla Marianna, simbolo della Francia post rivoluzionaria, e che in questo ruolo di icona nazionale è stata ormai sostituita dalla Bruni. Certo le due donne sono divise anche dal credo politico, Deneuve di sinistra mentre la Bruni, visto il marito, ha certamente imboccato la via della destra; e anche dalla vita, molto borghese torinese (con tutti i doppi standard del caso) la Bruni,  sempre coerentemente anticonvenzionale la Deneuve, con due figli da due uomini diversi (Roger Vadim e Marcello Mastroianni), una serie di amanti illustri come Clint Eastwood e Francois Truffaut, senza che il fatto di essere quattro volte nonna le faccia cambiare posizione: così anche i manifesti firmati dalla Deneuve (nessuno è perfetto) sono coerenti: per l’aborto, contro il trattamento troppo  maschilista riservato alla candidata socialista alla presidenza Segolene Royal.