Caccia nel Sinai. Polizia e soldati uccidono 11 terroristi, operazione in corso

Pubblicato il 30 Agosto 2012 - 12:56 OLTRE 6 MESI FA

 

Egyptian soldiers nel Sinai

IL CAIRO, EGITTO – Un gruppo di undici presunti terroristi uccisi, uno ferito ed altre 23 persone arrestate: e’ il bilancio della vasta ‘Operazione Aquila che soldati e poliziotti egiziani insieme stanno conducendo nel nord del Sinai dal 5 agosto, quando un commando non ancora identificato attacco’ e uccise sedici guardie egiziane alla frontiera con Israele.

Dopo l’attacco il commando si impadroni’ di un blindato e tento’ di penetrare in territorio israeliano, ma fu annientato da un missile di quell’esercito. Test del DNA su sei corpi restituiti da Israele all’Egitto avrebbero accertato che erano tutti egiziani e non c’erano palestinesi, come alcuni giornali avevano ipotizzato all’inizio (si penso’ ad un’incursione di elementi armati di Hamas provenienti da Gaza).

Mentre nel Sinai meridionale, sulle spiagge famose di Sharm el Sheikh, Dahab e Nuweiba, l’estate ha riportato frotte di turisti che garantiscono economia e benessere, invece alle popolazioni del nord della penisola sono sempre mancate. Le tribù’ beduine dell’area settentrionale si sono così riunite per testimoniare al governo centrale di essere pronte a collaborare nella ricerca di nascondigli di uomini ed armi.

”Noi figli del Sinai – dicono – conosciamo l’area certo meglio di personale della sicurezza venuto chi sa da dove – afferma Mostafa al Atrash, dell’Unione tribale dei giovani Beduini del Sinai – perchè’ non abbiamo un ruolo nell’operazione? Invece uomini mascherati entrano nelle nostre case e le loro azioni sono spesso disumane”. Quello che succede in questi anni ”e’ il risultato di 30 anni di assenza dello stato nel Sinai in generale, ed in particolare nelle aree di confine”, osserva il coordinatore della stessa unione, Saed A’ateeq.

Ma fonti giornalistiche tendono ad accreditare una reale presenza di terroristi in quelle aree. ”Tutti gli attaccanti del 5 agosto scapparono dalle prigioni durante le proteste antigovernative del gennaio 2011”, dopo la scomparsa della polizia che nei primi giorni delle manifestazione uccise 846 persone a piazza Tahrir e dintorni, sostiene il presidente del Centro del quotidiano Al Gomhouriya per gli studi politici e sulla sicurezza, Seif Al Yazal. ”Appartenevano a gruppi separati di militanti, uno dei quali e’ l’Esercito dell’Islam, di base a Gaza ,ed un altro si ispira alle linee di Al Qaida, anche se non ne e’ affiliato”.

 Il ministro della difesa, il generale Abdel Fattah Al Sisi, nel comunicato diffuso per comunicare il primo bilancio dell’ Operazione Aquila, annuncia un ridispiegamento delle forze in varie località’ del Sinai per completare la caccia contro gli elementi terroristici, ma dall’area arriva la segnalazione che reparti impiegati finora starebbero rientrando alle loro caserme di Ismailiya. Nel frattempo altre fonti giornalistiche segnalano una inversione di tendenza avviata dal nuovo presidente, Mohamed Morsi, nel rapporto con la gente del Sinai, rispetto al regime Mubarak.

Una commissione di ex jihadisti e’ stata inviata nella penisola per mediare con i locali islamici radicali. La mossa ha suscitato subito critiche: se e’ vero che le trattative avviate possono in un certo senso calmare i risentimenti di quelle popolazioni contro il Cairo, e ”possono creare divisioni all’interno dei circoli estremisti, indebolendoli – sottolinea Khalil Anani, analista dei movimenti islamici – questo e’ un gioco molto rischioso perche’ si tratta di un riconoscimento dei jihadisti e se ora Morsi li utilizza, domani potranno rivoltarsi contro di lui”.