IL CAIRO, EGITTO – Due anni dopo quello che venne definito ”il processo del secolo” contro l’ex rais Hosni Mubarak, l’Egitto si ritrova col fiato sospeso ad attendere un nuovo processo altrettanto epocale, quello contro Mohamed Morsi, il primo presidente dei Fratelli musulmani deposto per mano dei militari il 3 luglio scorso.
La corte d’appello ha stabilito che la prima udienza del processo per omicidio e istigazione alle violenze per gli scontri al palazzo presidenziale, nel dicembre del 2012, si terra’ il prossimo 4 novembre, mentre per la prima volta quello che sempre di piu’ appare come l’uomo forte del paese, il capo delle forze armate Abdel Fattah el Sissi, non esclude una sua candidatura alla presidenziali.
Un annuncio quello del primo processo contro Morsi che si accompagna a quello arrivato da Washington secondo il quale la Casa Bianca ha deciso di sospendere centinaia di milioni di dollari di aiuti economici e militari all’Egitto, mantenendo solo quelli per la lotta al terrorismo. Il dipartimento di Stato, che ha parlato di sospensione temporanea in attesa di “progressi credibili verso un governo eletto democraticamente”, non ha fornito cifre precise ma fonti del Congresso parlano di una sforbiciata di fondi per 260 milioni di dollari e di altri 300 milioni in garanzie di prestito programmate.
Gli Stati Uniti continueranno invece a fornire al Cairo assistenza nella lotta al terrorismo, nei campi della sanita’, dell’insegnamento e del settore privato. La decisione costituisce il ridimensionamento di una relazione privilegiata decennale, che ha fatto dell’Egitto uno dei principali alleati degli Usa nell’area e beneficiario di massicci aiuti militari da Washington in seguito agli accordi di pace del 1979 con Israele.
La scelta Usa di privilegiare la lotta al terrorismo troverebbe in ogni caso conferma quotidiana negli attacchi sferrati contro postazioni delle forze di sicurezza egiziane in Sinai. Giorni fa e’ stata colpita una sede non più utilizzata dall’intelligence militare a Rafah, al confine con la striscia di Gaza, mentre la rivendicazione dell’autobomba di lunedi’ di un gruppo jihadista, basato proprio nella turbolenta penisola egiziana, accresce la preoccupazione per una possibile escalation di attacchi di questa matrice.
Non sembra casuale in questo contesto il decreto emesso dal presidente ad interim Adly Mansour col quale ha attribuito ad el Sissi i poteri presidenziali per la mobilitazione generale delle forze armate per la durata di un anno, a partire dal primo di novembre. E proprio mentre si stringe sempre di più il cerchio attorno a Morsi e alla dirigenza della Fratellanza, che sara’ alla sbarra insieme a lui il 4 novembre, el Sissi apre ad una sua possibile candidatura alle prossime presidenziali, ultima tappa della road map che lui stesso illustro’ nel discorso televisivo col quale annuncio’ la deposizione dell’ex presidente.
“Lo decidera’ la volonta’ di Dio”, si e’ limitato a rispondere al giornalista di un quotidiano egiziano che gli chiedeva se avesse intenzione di scendere in campo. Pur sottolineando che e’ ancora prematuro parlarne viste le sfide che il Paese deve affrontare, el Sissi ha pero’ aperto ad un’ipotesi, che finora sembrava lontana e che, invece, già raccoglie ampi consensi in Egitto.