Il CAIRO, EGITTO – Gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione su militari egiziani per indurli a cedere il potere ad un governo di civili, ma finora non hanno ottenuto risultati, anzi. Per tutta risposta i generali hanno scelto come premier di un nuovo governo Kamal el-Ganzouri, che è stato primo ministro durante il regime dell’ex-presidente Hosni Mubarak, aumentando così l’impazienza della Casa Bianca e la rabbia degli oltre 100 mila dimostranti raccolti venerdi in piazza Tahrir per chiedere l’immediata dipartita dei militari.
A tre giorni dalla prima tornata di elezioni parlamentari, l’enorme raduno e la determinazione mostrata questa settimana di fronte alla violenza delle forze di sicurezza sembrano aver restituito ai dimostranti la forza di cui hanno dato prova durante i 18 giorni di rivolta che ha portato alla caduta di Mubarak nel febbraio scorso. Come accaduto agli inizi della Primavera Araba, i dimostranti dicono che non lasceranno piazza Tahrir fino a quando i militari guidati dal maresciallo Hussein Tantawi non se ne andranno e verrà creato un consiglio presidenziale civile che governerà fino a quando non sarà eletto un nuovo leader.
La presa di posizione dell’amministrazione del presidente Barack Obama è stata chiara. Un comunicato della Casa Bianca afferma: ”In Egitto la transizione verso la democrazia deve continuare, con elezioni in tempi brevi, e la messa in atto di tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e prevenire l’intimidazione. Innanzitutto – prosegue il comunicato – noi crediamo che il passaggio dei poteri ad un governo civile debba avvenire quanto prima possibile in maniera giusta e completa per soddisfare le legittime aspirazioni del popolo egiziano”.
La strigliata della Casa Bianca ai generali viene considerata significativa dagli osservatori giacchè i militari egiziani, la più potente istituzione del Paese, hanno mantenuto per 30 anni strette relazioni con tutte le amministrazioni americane, ricevendo 1,3 miliardi di dollari l’anno in aiuti. Ma premendo sui militari, rileva il New York Times, Obama corre una serie di rischi, primo fra tutti quello di alienarsi i generali, che per 30 anni, forse più di qualsiasi altro Paese nella regione, hanno difeso un critico interesse americano nel Medio Oriente: il trattato di pace di Camp David tra Egitto e Israele del 1979.
Sollecitando esplicitamente i militari di avviare in fretta ”un pieno passaggio di poteri” ad un governo civile ”in maniera giusta e completa”, la Casa Bianca ha avvertito l’esercito egiziano che continuerà ad avere l’appoggio dell’amministrazione Obama, e i suoi aiuti, solo se esso, a sua volta, appoggerà una vera transizione democratica.
Nel frattempo il movimento di protesta sta cercando di unificare le sue richieste e presentare un’alternativa a el-Ganzouri. Ventiquattro gruppi protestatari, inclusi due partiti politici, hanno annunciato di aver creato un governo di ”salvezza nazionale’ capeggiato da un consiglio presidenziale guidato dal Nobel per la Pace Mohhamed El Baradei, affiancato da personaggi provenienti dall’intero schieramento politico.
Quest’ultima crisi eclissa le elezioni parlamentari previste lunedi, le prime da quando Mubarak è stato sostituito da Tantawi. Il voto è ora visto da dimostranti e attivisti come un tentativo dei militari di fornire un’immagine di se stessi quali veri democratici e salvatori della patria. Secondo le previsioni il prossimo parlamento sarà dominato dagli islamici della Fratellanza Musulmana (che non partecipa alle proteste nel timore che possano rinviare le elezioni), ma la consultazione di lunedi sarà quasi certamente considerata invalida a causa dei disordini e della sospensione delle loro campagne elettorali da parte di molti candidati per solidarietà con i protestatari.
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