Ritratto di Emanuel Rahm, sindaco di Chicago, uomo forte della polica americana

Pubblicato il 26 Febbraio 2011 - 08:02 OLTRE 6 MESI FA

CHICAGO – Il consenso di Emanuel Rahm, neo-eletto sindaco di Chicago, è stato così vasto da dargli la legittimità per un mandato veramente popolare. Il suo rivale diretto, Gery Chico, ha totalizzato appena il 24% e 10 circoscrizioni, contro il 55% e 40 circoscrizioni del candidato repubblicano. «Quello che rende questa vittoria così gratificante – ha detto Rahm salutando la folla che ne festeggiava l’elezione – è che è stata costruita con i voti di ogni angolo della città, da gente che crede che una seria di sfide debbano essere affrontate per il bene comune».

Pensare che solo poche settimane prima, la candidatura di Rahm era stata messa in discussione da una sentenza, successivamente ribaltata dalla Corte Suprema, di un tribunale dell’Illinois che aveva ritenuto la sua residenza a Chicago – condizione necessaria per la candidatura – non effettiva.

Malgrado la sua età non veneranda (51 anni), Rahm è da molto tempo una delle figure di spicco del partito democratico. Politico.com, il sito di analisi e retroscena politici, descrive così trent’anni di attività tra le file dei democratici: «L’uomo era un giovane funzionario influente a Capitol Hill a vent’anni, un consigliere ascoltato dal presidente Bill Clinton quando aveva trent’anni, un multimiliardario capo della staff del presidente Barack Obama durante i suoi quarant’anni. Emanuel Rahm passerà i suoi cinquant’anni amministrando una delle più grandi e complesse città della nazione.»

Il breve ritratto di Rahm è sufficiente a mostrare l’intrigante caratura di uno degli uomini di maggior successo della sua generazione. Senza mai sbandare, senza mai perdere colpi, senza mai uno scandalo a metterlo in discussione, Rahm ha inanellato una costellazione di successi. A differenza di molti enfant prodige che promettono in fasce, e deludono alla seconda prova, Rahm non ha mai perso la sua battaglia ed è rimasto ininterrottamente nelle stanze del potere americano.

Qual è il segreto del successo di Rahm? Senz’altro più di uno. Uno di questi è senz’altro la sua ferrea disciplina. Qualcuno tra i suoi amici lo descrive come un fanatico, racconta di una vita regolata come la vita di un monaco. Molto lavoro, la sveglia alle cinque, una capatina in palestra, poi subito in ufficio. Ogni momento libero – tra due incontri, durante un caffè, nella macchina per andare ad un meeting – è dedicato ad una chiamata.

Sembra, difatti, che Rahm conosca mezzo mondo, a Washington come nei salotti che contano. La sua variegata attività politica lo ha portato a intrecciare legami con molti giornalisti, analisti economici oltre ovviamente con tutto l’establishment politico. Rahm conosce anche da vicino le sale della finanza, e non è un mistero per nessuno che con la finanza si è arricchito. Tutti i politici americani sono interessati ai soldi, ma se ne interessano generalmente come un imbarazzante segreto.

Rahm, da sempre ambizioso, ha fin da subito capito che per la sua carriera era capitale padroneggiare l’incrocio tra soldi e politica. Durante la campagna presidenziale del 1992 è stato un instancabile ed efficace fundraiser, venendo a conoscenza con una vasta rete di persone facoltose e influenti. La stessa rete di conoscenze che gli ha permesso, durante un breve incarico in una banca d’investimenti, di guadagnare il discreto gruzzolo di 17 miliardi di dollari.

Infine, la forza di Rahm animale politico è, come spesso accade, la sua spietatezza. Pochi scrupoli possono frenarlo quando ha deciso che qualcuno è un suo nemico. Si racconta che dopo l’elezione di Clinton nel 1992, seduto in compagnia di alcuni amici, davanti a sé una lista di nomi e cognomi, si preparava ad affrontare i suoi conti in sospeso all’alba dell’era Clinton che aveva lui stesso contribuito a far nascere. «Morto, morto, morto» diceva, mano a mano che spuntava i nomi dalla lista.