Fiscal Cliff, anche la Camera approva. Vittoria di Obama, repubblicani spaccati

Pubblicato il 2 Gennaio 2013 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA
Il presidente americano, Barack Obama (Foto Lapresse)

NEW YORK – “Più tasse ai ricchi e difesa della classe media“, Obama mantiene le promesse e l’America si salva sull’orlo del precipizio fiscale. Alle 23 di Washington, le 5 del mattino in Italia, anche la Camera dei Rappresentanti ha approvato la legge sul fiscal cliff già votata al Senato. Un voto che è costato la spaccatura del partito repubblicano: sono 85 i deputati repubblicani che hanno votato a favore contro i restanti 151 contrari. Varato in via definitiva all’ultimo istante utile, l’accordo per evitare il cosiddetto “dirupo fiscale”,  ha evitato un vero e proprio dissesto economico, che avrebbe quasi certamente portato gli Stati Uniti verso una nuova recessione.

Alla fine, con 257 sì e 167 no la Camera, a maggioranza repubblicana, ha dato il sospirato via libera. Con il Grand Old Party che si è ritrovato più spaccato che mai. Il gruppo dei contrari era guidato dal capo della maggioranza Eric Cantor che, insieme al braccio destro Kevin McCarthy, nei giorni scorsi aveva promesso di dar battaglia. Ma a favore dell’accordo si sono espressi il presidente della Camera, John Boehner, e il capo della commissione Finanze Paul Ryan, ex candidato alla vicepresidenza. Dissensi vi sono stati anche in casa democratica perché 172 hanno votato a favore a 16 contro. La lacerazione fra i repubblicani ha avuto una prima conseguenza immediata con la mancanza di voti per approvare i nuovi stanziamenti a favore delle vittime dell’uragano Sandy sebbene lo stesso Cantor l’avesse sostenuta.

Certo, si tratta di un’intesa parziale, che non affronta assolutamente il nodo dei tagli alla spesa pubblica, oggetto di un nuovo negoziato da qui alla fine di febbraio. ”Quello di oggi è solo un primo passo nella lotta al deficit che resta troppo elevato”, ha ammesso Obama, lanciando un appello perché ora si metta a punto un piano equilibrato che permetta alle finanze pubbliche americane di consolidarsi e all’economia di proseguire più velocemente sulla strada della ripresa. Sullo sfondo, un debito pubblico americano che in queste ore ha superato il tetto fissato per legge dei 16.400 miliardi di dollari, costringendo il Tesoro a varare una serie di misure eccezionali che evitino il default dello Stato.

Il sì della Camera dei Rappresentanti al testo che era stato già approvato dal Senato è arrivato dopo l’ennesima maratona negoziale tra democratici e repubblicani, con questi ultimi divisi tra chi era per chiudere la partita e chi insisteva sulla necessità di un emendamento per introdurre alcuni tagli di spesa. Un clima che ha reso fino all’ultimo incerto l’esito della votazione.

L’aumento delle tasse sui ricchi era la norma che più stava a cuore ad Obama, che per tutta la campagna elettorale ne aveva fatto una vera e propria bandiera. In realtà il piano di Obama era di colpire tutti i redditi superiori ai 250.000 dollari l’anno. Poi ha dovuto cedere, limitando la platea ai super ricchi: le persone con entrate superiori ai 400.000 dollari l’anno e le famiglie con più di 450.000 dollari.

Ma è il segnale che conta: l’aver compiuto un primo passo verso un sistema fiscale più giusto. Un sistema che ha il dovere di salvaguardare le famiglie della classe media, che si vedono infatti riconfermati tutti gli sgravi fiscali. Il testo approvato prevede poi una proroga di cinque anni del credito di imposta per le famiglie con figli e per gli studenti alle prese con le rette del college, oltre un’estensione fino al 2013 delle agevolazioni per i disoccupati di lungo periodo. Sgravi anche per le imprese che innovano e che investono nelle energie rinnovabili. E ancora, un aumento della tassa di successione dal 35% al 40% sulle proprietà che superano il valore di 10 milioni di dollari e un innalzamento dell’aliquota fiscale al 20% per i dividendi e i capital gains delle persone sopra i 400.000 dollari l’anno e le famiglie sopra i 400.000 dollari.

Per i tagli alla spesa pubblica tutto è invece rinviato di due mesi. Due mesi in cui ci si gioca tutto, visto che secondo il Congressional Budget Office, l’ufficio parlamentare che si occupa di valutare l’impatto finanziario dei vari provvedimenti, l’accordo sul fiscal cliff causerà un ulteriore aumento del deficit federale di circa 4.000 miliardi di dollari in dieci anni, sostanzialmente per aver confermato gli sgravi fiscali per la stragrande maggioranza degli americani.

Firmato l’accordo, Obama è ripartito immediatamente per le Hawaii, per riprendere le vacanze in famiglia che la bomba ad orologeria del fiscal cliff gli aveva fatto interrompere.