La visita del leader libico Muammar Gheddafi in Italia crea più di un problema al governo Berlusconi. Le sue frasi scomode e inneggianti all’islamizzazione dell’occidente, i suoi cavalli, le sue tende e le ragazze chiamate per fargli da Corte fanno storcere il naso ai cattolici della maggioranza e ai leghisti. Oltre che ad alcuni osservatori indignati da quella che reputano un “circo umiliante”, l’organizzazione della pittoresca visita di Gheddafi.
Ma la linea di palazzo Chigi è quella di minimizzare e di ricordare, invece, quanto sia stato importante il trattato tra Italia e Libia. Berlusconi, in particolare, proprio con i suoi avrebbe minimizzato le esternazioni di Gheddafi al suono di “Le cose serie sono altre, lasciamo perdere il folklore”.
Da parte leghista, in realtà, non si sono finora alzate voci contro quell’uscita poco “laica” all’urlo di “l’Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l’Europa”. Il perché è presto detto, come raccontano a La Repubblica ambienti del Carroccio: grazie all’accordo con la Libia Maroni ha potuto bloccare gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. E adesso lo stesso Maroni, con tutta la Lega, ingoiano il rospo e tacciono pur di conservare questa “conquista” e pur di non spingere i libici a far ripartire i gommoni di immigrati verso la Sicilia.
Se il Caroccio mastica amaro ma non parla, il mondo cattolico è in agitazione. Prima di tutto quello interno alla maggioranza. Il primo a parlare, dal meeting riminese di Comunione e Liberazione, è il vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, che afferma: “Quello che più mi preoccupa è che ci stiamo abituando a questi show di Gheddafi, tanto che queste stupidaggini sull’Islam passano quasi in secondo piano. Bisognerebbe ricordargli che proprio la generosa accoglienza nei suoi confronti testimonia tutta la grandezza della cultura cristiana che è alla base dell’identità europea”. Insomma, conclude il vicepresidente della Camera, “Gheddafi può dire quello che vuole, il governo non è in imbarazzo. Ma noi però possiamo anche giudicarlo e sarebbe bene che le sue prediche le andasse a fare da un’altra parte”.
Stesso giudizio arriva dal sottosegretario alla Famiglia, Carlo Giovanardi: “Mentre Gheddafi può venire a dire a Roma quello che vuole – osserva – il Papa non può andare a Tripoli o in Arabia Saudita a fare altrettanto. È sgradevole”.
Dal Vaticano si alza la voce di monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici, che in un’intervista a La Stampa annuncia di voler chiedere conto a Gheddafi, in occasione della cena all’Ambasciata Libica, dei campi di detenzione in Libia. Mogavero, nell’intervista definisce ”una battuta propagandistica a effetto” quella fatta da Gheddafi sulla possibilità di islamizzare l’Europa. ”E’ preoccupante che non si sappia nulla di ciò che accade ai disperati d’Africa arrestati dalla polizia libica – aggiunge – Ne ho già discusso con il ministro Maroni per sapere se ci sono mai stati controlli e verifiche. Non si può chiudere gli occhi di fronte a condizioni contrarie alla dignità umana”.
L’auspicio del vescovo è che ”il confronto diretto con Gheddafi faccia riflettere tutti sulla politica dei respingimenti in mare dei migranti”. E aggiuge: ”Visto che non ho avuto risposta dall’Italia lo domanderò direttamente a Gheddafi e spero che il nostro incontro apra la strada a nuovi punti di accordo”. Il vescovo di Mazara del Vallo si riferisce alla possibilità di ”sondare la praticabilità di una soluzione che superi l’automatismo del respingimento alla frontiera”. ”Non si può essere succubi – conclude Mogavero – e mettere la testa sotto la sabbia. Il nostro silenzio aggraverebbe i problemi invece di risolverli”.