Gli americani aspettano la decisione di Obama. Invierà più truppe in Afganistan? Popolarità in calo

Pubblicato il 22 Ottobre 2009 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA
Abdullah Abdullah, il rivale di Hamid Karzai

Abdullah Abdullah, il rivale di Hamid Karzai

È con profondo sollievo che Barack Obama ha accolto l’intesa raggiunta in Afghanistan che dà il via libera a un ballottaggio che conferisca finalmente piena legittimità  al premier eletto.  Ma la soddisfazione esibita  sembra mascherare l’imbarazzo rispetto alle difficili opzioni da esercitare adesso nello scenario di guerra afghano: gli americani vogliono sapere se il presidente invierà o meno le migliaiaia di soldati richieste del generale Stanley McChrystal. È sicuramente una decisione sofferta: Obama sta valuatando l’opportunità di espandere una guerra sempre più impopolare.

L’amministrazione americana per ora spiega che i suoi ambiziosi piani per la pacificazione dell’Afghanistan poggiano sulla ricerca di un partner credibile a Kabul. Al momento, nonostante il prossimo ballottaggio, le ultime elezioni, viziate da brogli e condotte molto sommariamente, non possono garantire a nessun candidato afghano quella legittimità che l’amministrazione si aspetta. Anche a quel Karzai uscito vincitore dal discusso voto ma che comunque guida un governo in cui la corruzione è diventata una seconda natura.

Intanto sul fronte interno i lunghi mesi di riflessione del presidente Barack Obama sulla nuova strategia per l’Afghanistan sono interpretati da un crescente numero di americani come un segno di indecisione. Sette mesi di revisione strategica iniziano a essere troppo ela sua immagine ne esce danneggiata: il livello di approvazione della sua politica sull’Afghanistan è precipitato in un mese dal 55 al 45 per cento.

Il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, assicura che il tema dell’invio delle truppe sarà affrontato con il presidente Barack Obama prima della riunione dei ministri della Difesa della Nato in programma a Bratislava, giovedì e venerdì. Nessuna indicazione su quella che potrebbe essere la scelta finale.

Obama, da parte sua, ha detto che potrebbe definire la sua nuova strategia nel Paese asiatico prima del ballottaggio presidenziale del 7 novembre. Ma niente è ancora scritto nella pietra. Obama ha incontrato il senatore democratico John Kerry che nei giorni scorsi, in occasione della sua visita in Afghanistan, è stato il grande protagonista delle forti pressioni esercitate dagli Stati Uniti sul presidente Hamid Karzai per convincerlo ad accettare il verdetto della commissione internazionale per i reclami (che ha annullato un quarto dei suoi voti per presunta frode) e partecipare al ballottaggio previsto dalla legge elettorale.

Il portavoce Gibbs, in un lapsus freudiano, è riuscito a chiamare per errore “ministro Kerry” il senatore democratico. Kerry, agendo su richiesta della amministrazione Obama, ha avuto almeno 20 ore di colloqui con Karzai, nell’arco di quattro giorni, cercando di convincere il presidente (che sosteneva di avere vinto le elezioni al primo turno) che un rifiuto ad accettare il ballottaggio avrebbe indebolito in modo devastante la sua posizione nei confronti degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali. E’ stato rivelato che anche Hillary Clinton ha parlato per telefono con Karzai mentre il ministro della difesa Usa Robert Gates e il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones hanno esercitato pressioni (“non troppo sottili”, ha commentato una fonte) sul ministro della difesa afgano, generale Abdul Rahim Wardak, spiegando che la decisione degli Usa sul numero di truppe aggiuntive da inviare nel paese sarebbe stata indubbiamente condizionata dall’atteggiamento di Karzai sulla accettazione o meno del risultato elettorale.

Un sondaggio pubblicato da Washington Post/Abc mostra che gli americani sono profondamente divisi sulla espansione della guerra in Afghanistan. Il 49 per cento degli intervistati è contrario all’invio di rinforzi mentre il 47 per cento è favorevole. La spaccatura è ideologica: il 69 per cento dei repubblicani è per l’invio delle truppe mentre il 61 per cento dei democratici è contro l’aumento del contingente americano. La lunga attesa della decisione di Obama, che ha avviato sette mesi fa la revisione strategica, sta cominciando a danneggiare la sua immagine: il livello di approvazione della sua politica sull’Afghanistan è precipitato in un mese dal 55 al 45 per cento.