Cina-Filippine, rischio guerra per petrolio e gas

Pubblicato il 11 Maggio 2012 - 11:37 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente cinese Hu Jintao (Foto LaPresse)

PECHINO – Un gruppetto di isole nel Mar della Cina rischiano di scatenare una guerra tra Filippine e Repubblica Popolare Cinese. Il motivo è sotto quegli scogli, e si chiama petrolio e gas. Le isole in questione sono le Huangyan, o Scaraborough Shoal, in filippino.  Farebbero parte del territorio nazionale cinese, ma sono contese da Manila. Da oltre un mese navi non militari dei due Paesi stazionano nelle acque antistanti gli isolotti. La sovranità su quelle isole è contesa.

Da Pechino, attraverso il People’s Army Daily (il quotidiano dell’Esercito Popolare di Liberazione), fanno sapere che “La Cina non rinuncerà neanche a un centimetro del proprio territorio”. E il viceministro della Difesa, Fu Ying, ha avvertito: “Siamo pronti a reagire ad un eventuale peggioramento della situazione”.  Pechino ha convocato l’ambasciatore filippino Alex Chua, manifestando il disappunto per la controversia in corso.

Lo scontro tra Manila e Pechino per il gruppo di atolli fra l’isola di Luzon e le isole Zhongsha si è acuito lo scorso otto aprile, quando la marina filippina ha tentato di bloccare pescherecci cinesi che avevano varcato il confine nel mare al centro della contesa. Era quindi seguito l’intervento di navi da guerra cinesi, a protezione delle imbarcazioni e degli “interessi” nazionali.

Da allora la tensione nella zona è forte. Mercoledì 9 maggio la Cina ha portato in funzione la sua prima piattaforma petrolifera per acque profonde interamente autoprodotta. L’impianto “servirà anche a proteggere la sovranità e le acque territoriali cinesi”, secondo Wang Yilin, presidente dell’industria petrolifera cinese National Offshore Oil Corp.

Al momento, dopo settimane di schermaglie varie, a guardia della zona, ci sono quattro navi di sorveglianza e dieci pescherecci cinesi e due navi della guardia costiera e un peschereccio filippino.

A nulla sono valsi gli sforzi diplomatici messi in campo dalla comunità internazionale, mentre Washington mantiene il suo sostegno a Manila. Secondo quanto riferito mercoledì dal segretario della Difesa filippino Voltaire Gazmin, il segretario di Stato, Usa Hillary Clinton, e il capo del Pentagono, Leon Panetta, hanno assicurato alle Filippine che non resteranno al di fuori del conflitto, onorando così il trattato di reciproca difesa siglato da entrambe le parti nel 1951.

Ma le Filippine non sono l’unico Paese a contendere la sovranità territoriale di Pechino nel Mar Cinese. Anche Vietnam, Malaysia, il sultanato del Brunei e Taiwan avanzano delle pretese.

Il 9 maggio hacker cinesi hanno attaccato due volte importanti siti filippini, tra cui quello del presidente della Repubblica, della polizia, di ministeri ed enti governativi. Sul sito della Philippines News Agency, l’agenzia di stampa di Manila, gli hacker cinesi (forse incoraggiati dalle istituzioni di Pechino) hanno pubblicato il loro manifesto: ”L’isola Huangyan appartiene alla Cina, che potere avete per dire il contrario? Non è possibile la tolleranza, non c’è bisogno di sopportare” era scritto nel messaggio sotto la bandiera rossa che era accompagnato dall’inno nazionale cinese. “Ogni Paese ha i suoi confini e voi avete oltrepassato i nostri. Ogni paese ha una linea estrema di pazienza, se avete attraversato la linea, la Cina adotterà delle misure”, chiudeva il breve messaggio.

I turisti cinesi intanto sono stati invitati a non partire per le Filippine. I maggiori tour operator della Repubblica Popolare hanno cancellato i loro viaggi, mentre l’ambasciata cinese a Manila ha emesso un avviso a tutti i cinesi nell’arcipelago di non spostarsi troppo e fare attenzione.