Iran. Spina nel fianco della campagna elettorale di Obama

Pubblicato il 20 Gennaio 2012 - 17:34 OLTRE 6 MESI FA

 

Il presidente iraniano Mahmoud Ajmadinejad

WASHINGTON, STATI UNITI – Come una spada di Damocle, l’Iran incombe sulla campagna del presidente Barack Obama per la rielezione della Casa Bianca, costringendolo a flettere i muscoli per non apparire debole, ma anche a esercitare moderazione per non danneggiare la fragile ripresa economica.

”Se Obama sara’ rieletto, l’Iran avra’ l’arma nucleare”, ha affermato il superfavorito per la nomination repubblicana, Mitt Romney, in linea con i suoi antagonisti, Newt Gingrich e Rick Santorum, che accusano il presidente di essere, nel migliore dei casi, ”inattivo” o ”ingenuo”, capace solo di condurre con Teheran una politica basata sui ”per favore”.

Ma al di la’ della retorica elettorale, il vero nodo del braccio di ferro con il regime iraniano arrivera’ al pettine a giugno, quando la competizione per le elezioni di novembre sara’ ormai a pieno regime. In base a una legge adottata dal Congresso, Obama dovra’ decidere se adottare – nell’ambito di un inasprimento della sanzioni economiche contro l’Iran – misure restrittive anche contro i Paesi che continueranno ad acquistare petrolio iraniano attraverso la Banca Centrale di Teheran.

Si tratta di una legge che pure concede al presidente alcune deroghe, se al momento opportuno dovesse ritenere che tali misure possano danneggiare significativamente il mercato petrolifero o gli interessi nazionali. Ma che se utilizzate, sottolinea il New York Times, potrebbero attiragli ulteriori accuse di debolezza. Il tutto, mentre si fanno sempre piu’ insistenti le voci secondo cui Israele si starebbe preparando ad agire unilateralmente contro le installazioni nucleari iraniane.

”I leader militari americani – ha scritto il Wall Street Journal – sono sempre piu’ preoccupati che Israele si stia preparando a un’azione militare contro l’Iran, nonostante le obiezioni degli Usa, e stanno accelerando i piani di emergenza per proteggere le installazioni statunitensi nella regione in caso di conflitto”. Che il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, non sia soddisfatto con le sanzioni adottate finora non e’ un mistero. Ha di nuovo affermato giorni fa che che ”non sono efficienti, non danno esito, e non influenzano i progetti nucleari” di Teheran.

E su questi presupposti si inserisce una visita che il capo di stato maggiore interforze americano, Martin Dempsey, compira’ in Israele nei prossimi giorni; cosi’ come il rinvio di almeno un anno delle grandi manovre militari che a maggio avrebbero dovuto coinvolgere migliaia di militari israeliani e statunitensi nella simulazione di scenari di difesa delle retrovie di Israele, con l’uso di batterie anti-missilistiche Patriot, Arrow e Iron Dome.

In agguato c’e’ poi anche l’imprevisto, come gli incidenti sfiorati negli ultimi giorni nel Golfo tra imbarcazioni militari americane e iraniane. Mentre allo stesso tempo il segretario alla difesa Leon Panetta ha minacciosamente tracciato due ”linee rosse” che Tehern non deve superare: costruire la bomba atomica e bloccare lo stretto di Hormuz, dove ogni giorno passano 16 milioni di barili di petrolio.

In questo quadro, come ha efficacemente riassunto Tony Karon di Time, e’ improbabile che Obama intenda arrivare alle elezioni di novembre con gli Stati Uniti impegnati in un conflitto con l’Iran. Ma c’e’ comunque ”un pericolo crescente che gli eventi possano decidere al posto suo”.