Isis: inizio della fine per una “gang di vagabondi” destinata a disintegrarsi

a cura di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 25 Febbraio 2015 - 06:55 OLTRE 6 MESI FA
Isis: inizio della fine per una "gang di vagabondi" destinata a disintegrarsi

I miliziani dell’Isis festeggiano la cattura del pilota giordano Muadh al-Kaseasbeh, poi brutalmente giustiziato

ROMA – Per l’Isis è arrivato l’inizio della fine: ad argomentarlo sulla Yedioth Ahronoth, il giornale più diffuso in Israele, è Ronen Bergman, giornalista ed analista militare che ha scritto anche per New York Times, Wall Street Journal, Guardian, Frankfurter Allgemeine Zeitung. Secondo Bergman presto il sedicente Stato Islamico si spaccherà in piccoli gruppi che potranno anche essere pericolosi ma che non costituiranno una minaccia per la pace mondiale.

Altro che Califfato: per Bergman le milizie che hanno come “Califfo” il quarantacinquenne iracheno Abu Bakr al-Baghdadi non sono altro che una “gang di vagabondi” con limitate capacità militari, la cui “abilità di maneggiare armamenti sofisticati o innescare armi di distruzione di massa è praticamente nulla”. Insomma le dimensioni raggiunte dallo “stato Islamico” sono molto più grandi della sua capacità di gestire le risorse naturali, economiche ed umane e di riuscire a governare un territorio così grande.

Bergman chiama lo stato Islamico Daesh, così come viene pronunciato il suo nome Da’ish (al-Dawla al-Islāmiyya fī al-‘Irāq wash-Shām) nei paesi arabi e in Israele. Tradotto è sempre “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”, ma la parola Daesh ha un significato spregiativo. Motivo per cui i nemici dell’Isis usano il termine Daesh. Rispetto a “Stato Islamico”, usare Daesh dà due messaggi: non siamo in guerra con uno “Stato”, non siamo in guerra con l’Islam.

Il Daesh dunque, per Bergman, ha avuto un inarrestabile quanto rapido successo dal momento della sua apparizione “quasi dal nulla” sulla scena mediorientale. Ha conquistato una fetta ampia e ricca di petrolio della regione fra Siria e Iraq. È diventato in poco tempo il più canaglia degli Stati canaglia. Seminando terrore e distruzione sul suo cammino. Usando la barbarie per guadagnare sempre più potere e controllo sul fronte interno (il mondo arabo; il Medioriente; i jihadisti sparsi nel pianeta) e “prestigio” sul fronte esterno (gli stati limitrofi, fra attendisti, sospettosi e ostili; l’Europa; gli Stati Uniti). Per qualche studioso la crudeltà del Daesh, che ricorda quella di famose serie tv come Game of Thrones, è figlia anche della barbarie dei volontari provenienti dall’Occidente, che questi ultimi hanno introiettato dalla televisione “occidentale”.

Poi, però, secondo Bergman, il Daesh ha fatto due errori decisivi, esagerando proprio sul terreno della barbarie a fin di marketing politico-militare. Il primo è stato il massacro degli Yazidi, che ha “svegliato” dal sonno le Nazioni Unite e la Nato. Il secondo è stato ed è ancora quello delle decapitazioni trasformate in videoclip per il grande pubblico. Quello che non era riuscito all’esercito siriano uccidendo 200 mila persone, è riuscito al boia britannico “Jihadi John” e al suo coltello: provocare un intervento militare degli Usa e dei suoi alleati.

E qui, in caso di guerra con un esercito vero, l’handicap del Daesh è la sua articolazione in truppe regolari, che lo rende estremamente vulnerabile in un confronto in campo aperto contro la potenza militare americana (e anche quella di un piccolo Paese con una buona aviazione, come la Giordania). Il rapporto Cia sull’ultima settimana parla di 2.000 attacchi aerei andati a segno, riconquista di un’area di 7.000 km quadrati, pari a un quinto della regione controllata dal Daesh. Che nella sola battaglia di Kobanê, difesa dalle sole milizie curde, ha perso 1.000 jihadisti. Ha perso anche il controllo su almeno 200 impianti di gas e petrolio, ha subito danni seri ai comandi dell’organizzazione, con metà dei capi uccisi.

Un successo che non deve stupire, spiega Bergman, perché si tratta di una “gang di vagabondi” che ha fatto il passo più lungo della gamba e presto di disintegrerà in piccoli gruppi. Tuttavia non c’è motivo per non preoccuparsi. I servizi segreti di Europa e Usa sono già in allarme per il ritorno a casa dei combattenti volontari. Che saranno molto più difficili da battere. Cellule impazzite e radicalizzate, truppe composte da un sol uomo eppure capaci di portare più distruzione di un’armata.