DAMASCO – La strategia americana di Barack Obama contro l’Isis si rivela sempre più fallimentare: dopo la presa di Palmira, gioiello antico-romano e sito patrimonio dell’umanità per l’Unesco, mezza Siria è nelle mani dei terroristi del cosiddetto Stato Islamico, compresa la maggior parte dei giacimenti di petrolio e gas naturale del Paese. E la gestione della Casa Bianca finisce sotto accusa.
A sintetizzare come stanno le cose c’ha pensato Charles Krauthammer, editorialista del Washington Post e Premio Pulitzer: “In Siria abbiamo perso”. In Siria e in Iraq. Perché il tracollo è arrivato non solo con la presa di Palmira da parte dell’Isis, ma anche di Ramadi, a cento chilometri da Baghdad.
Krauthammer sottolinea che “in Siria c’era gente pronta a combattere contro i terroristi dell’Isis e il carnefice Assad, ma noi americani abbiamo deciso di non aiutarli dicendo che erano ingegneri, medici, banchieri: poco credibili con le armi in mano. In Iraq, invece, abbiamo continuato a cercare di costruire un esercito locale con capi settari e soldati corrotti che non avevano voglia di combattere”.
Nonostante questa situazione il presidente americano continua ad ostentare sicurezza: “Non credo che con l’Isis stiamo perdendo”, ha detto in un’intervista alla rivista The Atlantic. E dopo la presa di Palmira le tv continuano a riproporre quelle dichiarazioni e altre simili, come quella del portavoce della Casa Bianca Josh Earnest che definisce “un successo” la strategia americana contro l’Isis. Dichiarazioni pesanti, che contrastano con un’opinione pubblica che accomuna sempre di più la politica estera di Obama a quella del predecessore Geroge W. Bush. In una sola parola: fallimentare.