Israele contro Iran: “Mancano sanzioni, serve un attacco”

Pubblicato il 6 Marzo 2010 - 19:54 OLTRE 6 MESI FA

Per Israele l’Iran va bloccato nella sua corsa al nucleare. Se non ci saranno sanzioni definitive secondo Tel Aviv serve un’operazione militare per impedire che il regime degli ayatollah si doti di armi atomiche.

A schierarsi così nettamente è il viceministro israeliano Ayub Kara (Likud), responsabile dello sviluppo del Neghev e della Galilea. Israele, ha aggiunto Kara, ha già appreso da diversi Paesi arabi (anche «estremisti») che se passasse all’azione essi non potrebbero esprimere soddisfazione pubblicamente, «ma di certo non si opporrebbero».

«Quei Paesi – ha proseguito – temono il potenziale nucleare dell’Iran non meno di Israele». Citando un versetto della Bibbia («quando uno si prepara ad ucciderti, devi eliminarlo precedendolo»), il viceministro ha pubblicamente perorato, in un discorso fatto oggi a Beer Sheva, un’azione preventiva. Considerato uomo di fiducia del premier Benyamin Netanyahu, Kara – che rappresenta la comunità drusa e si esprime perfettamente in arabo – ha fatto in passato da intermediario con Paesi vicini. In che misura la sua sortita sull’Iran rispecchi le reali intenzioni del governo resta tuttavia incerto.

Nel frattempo fa discutere uno studio messo a punto per la università Bar Ilan di Tel Aviv dal professor Moshe Vered sulla prevedibile durata di un conflitto israelo-iraniano se gli scenari illustrati da Kara dovessero concretizzarsi. Significativamente Vered apre l’analisi con una citazione dell’imperatore giapponese Hiro Hito che, alcuni mesi prima dell’attacco a sorpresa a Pearl Harbour, chiese al suo consigliere Sugiyama quale sarebbe stata la prevedibile durata di un conflitto con gli Stati Uniti. «La guerra nel Pacifico – gli fu risposto – terminerà in tre mesi».

Ai dirigenti israeliani il professor Vered fa sapere che anche se lo Stato ebraico riuscisse a compiere un blitz contro le infrastrutture nucleari dell’Iran, ciò costituirebbe solo l’atto di inizio di una guerra regionale di molti anni. L’Iran non abbandonerebbe l’idea di eliminare Israele «come gesto riparatore, almeno ai suoi occhi, di una ingiustizia storica». Dopo una prima ritorsione con razzi terra-terra l’Iran, secondo Vered, farebbe pressioni su Israele con l’aiuto di Hezbollah (Libano) e Hamas (Gaza). Potrebbe anche spedire unità militari in Siria, a ridosso del Golan. Le sue unità marine potrebbero minacciare dall’Eritrea le vie israeliane di navigazione.

Il tutto sarebbe forse accompagnato da una offensiva terroristica su scala mondiale. Vered consiglia di meditare a fondo sul fatto che negli otto anni di guerra con l’Iraq di Saddam Hussein l’Iran «ebbe mezzo milione di morti, un milione di feriti e danni materiali quantificabili come la sua produzione di petrolio nell’intero ventesimo secolo», ma non rinunciò ai suoi principi. La sua leadership religiosa, aggiunge, distingue fra gli Stati Uniti, che teoricamente possono «ravvedersi», ed Israele, che resta invece sempre e comunque da estirpare.