Israele: “Ai palestinesi al massimo un pezzo di carta”

Pubblicato il 20 Settembre 2011 - 21:20 OLTRE 6 MESI FA

GERUSALEMME, 20 SET – Il passo del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) al Consiglio di Sicurezza per l’ammissione d’uno Stato di Palestina all’Onu è “destinato al fallimento” e il ricorso all’Assemblea Generale “darà ai palestinesi al massimo ‘un pezzo di carta”. Ad affermarlo oggi è Mark Regev, portavoce di Benyamin Netanyahu, in un incontro con la stampa estera a Gerusalemme convocato a poche ore dalla partenza per New York del premier israeliano e in vista del testa a testa al Palazzo di Vetro in calendario per venerdì.

Nell’illustrare la posizione del suo Paese, Regev ha insistito: i palestinesi si accingono a compiere ”una mossa sbagliata” perché l’unica via che porta alla pace è quella dei negoziati diretti, ”senza condizioni preliminari”.

Israele, ha assicurato Regev, è disposto a discutere ”di tutte le questioni chiave” e crede non ci sia altra strada se non quella di puntare a ”uno storico accordo di pace” fondato sul principio dei ”due Stati per due popoli”, pur riconoscendo come il cammino sia ”difficile”.

Nello stesso tempo il governo Netanyahu non rinuncia ai propri paletti (riconoscimento da parte palestinese d’Israele quale ”Stato del popolo ebraico”, confini sicuri e sovranità su Gerusalemme), ma indicandoli come elementi della piattaforma israeliana di un futuro accordo, non come condizioni aprioristiche dell’inizio del negoziato.

Da parte palestinese, ha accusato il portavoce, ”sembra però che vi sia una strategia deliberata di evitare i negoziati con Israele” malgrado i ripetuti appelli di Netanyahu che, secondo Regev, resta comunque ”pronto a incontrarsi con Abu Mazen già a New York” per riavviare il dialogo.

Rivolgendosi autonomamente all’Onu, ha sostenuto ancora Regev, i palestinesi violano del resto ”nello spirito e nella lettera” gli accordi fra le parti (ossia le intese di Oslo del 1993), poiché ”cercano di imporre una soluzione attraverso un diktat internazionale”. Un atteggiamento a cui Israele si riserva il diritto di rispondere ”con diverse opzioni”, stando al monito del portavoce, che su questo punto è rimasto tuttavia volutamente evasivo: evitando toni o scenari da ultima spiaggia.

I palestinesi, ha quindi proseguito Regev, ”non possono separare la questione del loro stato da quella della pace”. Né pretendere un riconoscimento prima di negoziare con Israele gli elementi centrali del contenzioso: i confini, i profughi, Gerusalemme, le misure di sicurezza.

La posizione di Israele, condivisa dagli Usa e da alcuni stati occidentali, è al contrario che uno stato palestinese potrà nascere solo nel contesto di un accordo complessivo. Quanto al timore di possibili disordini, nella situazione attuale di muro contro muro, Regev ha definito ”arrischiata” la strategia in base alla quale Abu Mazen predica la non violenza, ma invoca al contempo dimostrazioni di massa a sostegno dell’iniziativa all’Onu. Ma in ogni modo ha affidato alla prova dei fatti l’impegno dell‘Autorità palestinese di assicurare il carattere pacifico delle manifestazioni popolari previste in Cisgiordania nei prossimi giorni.

Riferendosi infine agli sforzi intrapresi dalla comunità internazionale per trovare ”una formula” in grado di riportare l’Anp al tavolo della trattativa, Regev ha detto che Israele ”ne è parte”. E ha aggiunto di ”sperare ancora” che queste iniziative possano evitare che la leadership palestinese si attesti su posizioni rigide da cui sarebbe ”virtualmente impossibile retrocedere”. Posizioni che allontanerebbero la possibilità di un accordo di pace – ha concluso – e che obbligherebbero a cercare poi ”una scala magica per aiutarla a scendere dall’albero su cui è salita”.