Kosovo, dalla Corte internazionale dell’Aja l’imprimatur all’indipendenza

Pubblicato il 22 Luglio 2010 - 19:53 OLTRE 6 MESI FA

Hashim Tachi

La proclamazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 ”non ha violato il diritto internazionale generale, né la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, né il quadro costituzionale”: è una vittoria su tutti i fronti quella che il parere consultivo della Corte di giustizia dell’Aja riconosce a Pristina, a poco più di due anni da un atto unilaterale che la Serbia ha sempre condannato e continua a condannare.

”La Corte ha tolto gli ultimi dubbi sull’indipendenza del Kosovo”, ha esultato da Pristina il presidente kosovaro Fatmir Sejdiu. ”E’ una vittoria storica”, ha aggiunto il premier Hashim Tachi. ”Ora ci aspettiamo che la Serbia venga verso di noi per discutere nell’interesse dei nostri popoli, ma le discussioni devono avvenire entro Stati sovrani”, ha chiarito il ministro degli esteri del Kosovo Skender Hyseni, che ha seguito all’Aja la lettura del verdetto.

Ma da Belgrado il rifiuto è netto:”La nostra posizione non cambia: non riconosceremo mai l’indipendenza del Kosovo”, ha ribattuto il presidente della Serbia, Boris Tadic. ”L’avviso della Corte è tecnico, mentre la questione è politica ed ora la parola passa all’Assemblea generale dell’Onu, in settembre. Ci aspetta una dura lotta, certo una lotta con i mezzi politici. Ma noi ci siamo già abituati”, ha dichiarato il ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic, anche lui presente all’Aja per assistere alla lettura di un giudizio che la Serbia ha chiesto ed ottenuto.

Nonostante il verdetto della Corte, emanato a maggioranza ( con nove giudici a favore e cinque contro), resta per ora il muro contro muro, confermato anche dalle dichiarazioni opposte di Usa e Russia.

Gli Stati Uniti, che hanno appoggiato fin dall’inizio l’indipendenza dell’ex provincia serba a maggioranza albanese, accolgono con soddisfazione il parere della Corte. In un messaggio inviato al governo di Belgrado sostengono che ”è tempo che l’Europa sia unita” e lavori ”per un futuro comune”.

Il segretario di Stato Hillary Clinton ha fatto appello a tutti i paesi che non l’abbiano fatto a riconoscere il Kosovo. Al contrario, la Russia, alleata storica di Belgrado, e che si è sempre opposta nel consiglio di sicurezza dell’Onu a discussioni sullo status del Kosovo, ribadisce che il parere non costituisce ”una base legale per l’indipendenza” e che ”la risoluzione del problema Kosovo è possibile solo attraverso negoziati tra le due parti interessate”.

Le Nazioni Unite, alle quali la risoluzione 1244 aveva affidato dal 1999 il protettorato del Kosovo dopo che i bombardamenti della Nato avevano messo fine ai due anni di guerra tra la Serbia e i kosovari albanesi, hanno lanciato un appello alla calma. ”Bisogna evitare tutte le azioni che potrebbero essere interpretate come provocatorie e potrebbero fare fallire il dialogo”, ha ammonito il portavoce di Ban Ki Moon.

La Nato, che guida la forza internazionale di pace Kfor, ha ribadito che il suo mandato resta invariato: ”Continueremo ad assicurare la sicurezza in tutto il Kosovo, nell’interesse di tutte le comunità, sia di minoranza sia di maggioranza”.

Il conflitto del 1998-1999 tra la Serbia e la minoranza kosovaro-albanese ha fatto circa 13 mila vittime, mentre 1.862 persone risultano ancora disperse. Negli ultimi due anni si sono registrati episodi di violenza nel nord del Kosovo, dove vive la comunità kosovaro-serba, ma sono stati casi isolati.

La proclamazione unilaterale dell’indipendenza ha messo fine ad anni di infruttuosi negoziati tra Pristina e Belgrado. Dal 17 febbraio del 2008 il processo di riconoscimento del Kosovo come stato indipendente è però proceduto a rilento, contando oggi su 69 paesi sui circa 200 rappresentati all’assemblea dell’Onu.

Pristina attende da domani un impulso. Il primo obiettivo è ottenere il riconoscimento dai cinque Stati membri della Ue che si sono rifiutati di seguire i partner: Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia, tutti alle prese con minoranze e spinte autonomiste che potrebbero risvegliarsi sull’onda del caso Kosovo. A nome della Ue, il capo della diplomazia europea Catherine Ashton ha accolto con grande favore il verdetto e ha lanciato un appello al dialogo tra Pristina e Belgrado. ”La priorità ora è guardare all’avvenire. L’avvenire della Serbia è dentro l’Unione europea e quello del Kosovo anche”, ha dichiarato la Ashton.