La rivoluzione cinese fa sessant’anni, l’anniversario dei comunisti più capitalisti di tutti

Pubblicato il 30 Settembre 2009 - 16:12 OLTRE 6 MESI FA

«La Cina si è alzata in piedi», sono passati sessant’anni da quando Mao Zedong proclamò la rivoluzione, la nascita della Repubblica popolare, il potere assoluto del regime comunista. La galleria di volti che hanno fatto un pezzo di storia del paese di mezzo e della culla del Confucianesimo racconta l’evoluzione di un paese che si è imposto, prepotente, sullo scacchiere internazionale.

La parola d’ordine dei cittadini che scesero in piazza il 1° ottobre del 1949 era “comunismo”, quella dei cinesi che festeggeranno per le strade l’anniversario nel 2009 è “produrre”, a tutti i costi. Fra queste due realtà così diverse, ma legate dallo stesso nutrimento politico e religioso scorre la fatica per ottenere la supremazia economica, la voglia di rivincita e riscatto dalla povertà e l’abbandono dei vecchi stereotipi ideologici.

La Cina di oggi non è più quella che grida alle terre collettive e vive di un’economia centralizzata, ma è un colosso che pianta le sue basi sul comunismo. Gli iscritti al partito sono 76 milioni, si sono moltiplicati di ben 17 volte rispetto a sessant’anni fa, credono nel Pcc, che non è più lo stesso. Abbandonati del !”libretto rosso” di Mao, ora la supremazia dagli occhi a mandorla vive e cresce sotto l’egida del capitale. Gli imprenditori privati che ne costruiscono la ricchezza quotidianamente sono fieri di essere comunisti.

Il paradosso sembra immediato, ma scompare dietro uno dei diktat di uno storico erede di Mao Zedong, Deng Xiaoping. Era il 1979 quando esortò le masse a inseguire il fascino del denaro: «Compagni, arricchitevi». Erano passati già trent’anni dalla rivoluzione e il regime aveva trovato la chiave verso la rinascita che avrebbe portato il paese a travolgere e sconvolgere nel contempo l’economia mondiale. Dalla morte del “padre della patria”, dal suo marxismo-leninismo cinesizzato, dal suo grande balzo in avanti delle terre collettive sono passati sessant’anni e il Pil è 79 volte superiore, il reddito procapite è 20 volte maggiore.

Se per molti politologi dopo il salto impressionante di Pechino in borsa questo può essere definito “il secolo cinese”, la fame e l’arretratezza di un tempo sembrano solo passato. I diritti umani, la repressione e i vizi di regime ci sono ancora, ma oggi come allora la memoria è avvolta in un’immensa bandiera rossa.

Da più di un anno l’Esercito popolare di liberazione il più grande del mondo prepara la sua parata per festeggiare i sessant’anni della Repubblica. Davanti alla gigantografia di Mao in Piazza Tienanmen i 134o milioni di cinesi ricorderanno la loro lunga marcia verso la supremazia.