Lettere dagli Usa: Dio chi manda stavolta alla Casa Bianca?

di Andrea Bini
Pubblicato il 14 Maggio 2012 - 13:28 OLTRE 6 MESI FA

Foto Lapresse

Qualche tempo fa avevo parlato della controversia che ruota in California intono al referendum (Proposition 8) che  nel 2008 aveva annullato legge che aveva legalizzato il matrimonio gay (e lesbico). Avevo ricordato che il giudice conservatore,  Vaughn R.Walker,  aveva dichiato la Proposition 8 illegittima. Nel 2010 aveva fatto coming out, e cioè dichiarato pubblicamente di essere gay, creando molte polemiche. Una cosa simile si è ripetuta poco tempo fa, quando lo speaker ufficiale per la campagna presidenziale del candidato repubblicano Romney, Richard Grenell, si è dimesso dopo poco tempo, pare per le pressioni da parte dei gruppi ultraconservatori e cristiani fondamentalisti. Poiché Romney è un notorio mormone la cosa non sarebbe certo sorprendente. In queste elezioni presidenziali il partito Repubblicano sembra decisamente in mano ai gruppi cristiani più reazionari, i quali sono sempre esistiti negli stati più sperduti di questo grande paese (i mormoni sono storicamente molto numerosi in Utah), ma solo negli ultimi decenni hanno raggiunto una forza economica tale da contare anche a livello nazionale.

Il potere dei mormoni salta agli occhi a chiunque sia stato a Los Angeles. È facile imbattersi nel grande tempio mormone situato proprio a sud di UCLA, la grande università pubblica. È un strano edificio, grosso e squadrato con intorno molto terreno (in origine erano gli studi cinematografici del divo delle comiche Harold Lloyd). Ricordo che durante le elezioni presidenziali del 2004 fra Bush Jr e Kerry non so quale setta cristiana aveva comprato e riempito una intera pagina del giornale della capitale texana (dove vivevo) per spiegare per filo e per segno perché il volere di Dio era che Bush (ex governatore del Texas) vincesse. Dio aveva parlato proprio a qualche membro della setta (forse era il capo), e loro giustamente avevano compato la pagina del giornale per diffondere la buona novella. Del resto Bush effettivamente vinse (era il suo secondo mandato).

Tutto questo per dire che quello che mi ha sorpreso della vicenda del portavoce di Romney era proprio il fatto che aveva scelto un portavoce dichiaratamente gay. Il che significa, scusate se è poco, che anche fra i guppi più conservatori del partito Repubblicano esistono politici gay dichiarati. Nella discussione che ne è seguita molti hanno osservato la mancanza di personalità di Romney: una volta che hai preso una decisione, coraggiosa o no, devi sostenerla fino in fondo e non rimangiartela come se niente fosse. Gli americani non amano i politici che tentennano e cambiano idea, lo vedono come indice di mancanza di carattere, o peggio di idee. Chissà che direbbero di quelli italiani. Esiste però anche una seconda lettura del veloce “licenziamento” del portavoce Grenell, secondo la quale il fatto che sia gay c’entra poco o niente. In realtà le sue prime uscite sarebbero state considerate insufficienti dallo staff di Romney. Grenell, si dice, era spesso evasivo, rifiutava di rispondere alle domande dei gionalisti, si contraddiceva. Ma pensa te, mica come i portavoce dei politici italiani.