Libertà di stampa. Due premier, una guerra: Erdogan e Berlusconi a confronto

Pubblicato il 18 Settembre 2009 - 15:12| Aggiornato il 19 Settembre 2009 OLTRE 6 MESI FA
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Berlusconi e Erdogan

Premier a confronto, tra differenze e somiglianze. Mentre in Turchia il primo ministro, Recep Rayyp Erdogan, dice a parole di volere difendere la libertà dei media definendola «una delle priorità del governo», per rifilare agli oppositori stangate fiscali da miliardi , praticamente insostenibili, il suo omologo italiano, Silvio Berlusconi, si limita a chiedere danni per qualche milione di euro ma poi augura il fallimento ad alcuni giornali: «Ci sono troppi farabutti in politica, stampa e tv. È delinquenziale dire che la libertà di stampa è in pericolo».

Erdogan e Berlusconi hanno in comune non solo il portamento, i sorrisi ai fotografi e un’ostentata amicizia -soprattutto quando si tratta di fare accordi con il premier russo Vladimir Putin – ma subiscono anche le stesse accuse di intellettuali, reporter e scrittori: vogliono soffocare la verità, mettendo a tacere giornalisti e curiosi. I due premier però hanno reazioni diverse.

Erdogan è stato investito da una bufera di critiche dopo la maxi multa da 2,5 miliardi di dollari contro il gruppo editoriale Doğan Media Group, di cui fa parte anche il maggiore quotidiano turco Hurriyet. La spiegazione ufficiale è che il colosso abbia evaso le imposte sulla plusvalenza realizzata con la vendita di azioni a investitori tedeschi. L’editore turco non nega di non avere pagato ma sostiene che la legge garantiva l’esenzione dall’imposta. Da qui la denuncia di una motivazione nascosta, sia a livello europeo dall’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Coperazione in Europa) sia in Turchia: si tratta di «uno sfacciato attacco alla libertà di stampa». Quella multa, senza precedenti, potrebbe seriamente «minacciare il pluralismo dell’informazione».

In una lettera al ministro degli esteri, Ahmet Davutoglu, i rappresentanti europei hanno espressamente preso una posizione a favore del gruppo: «L’Osce si impegna affinché il governo provveda a creare le condizioni necessarie per il pluralismo dell’informazione e si contenga nell’imporre il potere attraverso le leggi dello Stato quando ha dei problemi con la stampa, specialmente quando dai media arrivano voci critiche».

Il premier Erdogan ha risposto pubblicamente: «Ho il diritto di rispondere alle critiche di chi mi vede responsabile della multa al DMG. I giornali mi criticano liberamente, voglio solo evitare gli insulti». Il leader dell’Akp, partito islamico moderato al potere, sceglie un vittimismo velato. Avverte la stampa, ma cerca il compromesso, almeno nelle dichiarazioni ufficiali.

Diverso invece lo stile di Berlusconi che attacca tutti e non ha filtri provenienti dal suo ruolo istituzionale: «Io ormai non guardo nemmeno più la televisione, perché per la Rai sembra che Berlusconi sia diventato il simbolo di ogni male. Ma gli italiani lo sanno e, per questo, mi assegnano il 68,4% del consenso. La manifestazione per la libertà di stampa che la sinistra promuove è veramente il contrario della realtà: siamo circondati nella stampa, nella tv, nella politica da troppi farabutti».

Mentre il turco dichiara che tutto sia limpido e che non ci siamo pressioni governative e soprattutto convince i turchi cheil governo si impegna per la libertà, Berlusconi si risparmia anche il proselitismo.

La Turchia e i suoi giornalisti stanno pagando con le multe il prezzo per entrare in Europa, l’Italia che snobba Ankara per i mancati diritti civili in fondo non si è rivelata così diversa. Ognuno ha il suo capro espiatorio, per Erdogan sono i laici, per Berlusconi i cattocomunisti.