Libia, un’altra crepa nella Nato. Frattini scalpita, perché si bombarda ancora?

Pubblicato il 23 Giugno 2011 - 17:10 OLTRE 6 MESI FA
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Franco Frattini e il segretario di Stato Usa Hillary Clinton

ROMA – Dal 1° aprile la Nato sgancia “ufficialmente” bombe in Libia e dopo tre mesi di operazioni sistematiche si sta aprendo una crepa in quell’Alleanza atlantica cui prima tutti si appellavano perché intervenisse.

Questa volta a fare da detonatore per il crollo del muro dei sì all’operazione anti-Gheddafi è stata l’Italia, con una serie di dichiarazioni del ministro degli Esteri Franco Frattini. Se continua così, con la Nato che si spacca, chi farà scudo alle critiche che arrivano persino ai battaglieri David Cameron e Nicolas Sarkozy? Chi convincerà francesi, inglesi e ancor prima italiani che bisogna continuare a bombardare?

Roma si è detta pronta ad appoggiare l’ipotesi di uno stop ”umanitario immediato delle ostilità” in Libia, con la creazione di corridoi che consentano di portare aiuti alla popolazione. La ”priorità”, ha precisato Frattini resta il cessate il fuoco che rimane ”in primo piano nella strategia politica dei negoziati”, ma attualmente, per il ministro, è ”fondamentale la cessazione umanitaria delle azioni armate per consentire aiuti immediati”.

Un immediato blocco delle ostilità, ha detto il ministro, è ciò “che consentirebbe di evitare quello che il Cnt teme: la consolidazione della spartizione in due della Libia. Ma permetterebbe anche e soprattutto l’accesso a località della Libia isolate nelle quali la situazione umanitaria è drammatica, come la periferia di Misurata e la stessa Tripoli”.

Tutto questo non è piaciuto ai principali sponsor dell’operazione libica, al britannico David Cameron e al presidente francese Nicolas Sarkozy, che hanno subito fanno squadra per difendere la Nato, la forza della missione e soprattutto la coesione politica che invece, secondo il New York Times, qualche crepa la sta mostrando.

Il governo Berlusconi ha cercato goffamente di accontentare, giocandosi la carta della tregua umanitaria, le pretese del suo alleato chiave, ovvero la Lega Nord che aveva chiesto lo stop immediato dei bombardamenti, per risparmiare mezzi, soldi e uomini.

A tutto questo, l’altra faccia della Nato, quella dalla linea dura contro il raìs, ha risposto con durezza che non se ne parla proprio. “I raid – hanno ribadito in coro la Nato, la Gran Bretagna e la Francia – andranno avanti”.

Perché Frattini ha deciso lo scontro diretto con gli altri alleati? Brian Knowlton e Charlie Savage dalla prima pagina dell’Internationa Herald Tribune, l’edizione internazionale del New York Times, leggono le parole del responsabile della Farnesina come una nuova possibile “incrinatura” nel fronte degli alleati nella missione in Libia.

A quasi 100 giorni dall’avvio della missione internazionale la situazione in Libia resta in stallo, Muammar Gheddafi non è ancora uscito di scena e a Roma inizia a spazientirsi, più al governo che nell’opinione pubblica. Come lascia intendere il ministro della Difesa Ignazio La Russa: la Nato si è impegnata di 3 mesi in 3 mesi e noi ”abbiamo appena rinnovato l’impegno fino a settembre” ma se per quella data il dopo-rais non sarà cosa fatta ”potremmo mettere in discussione il nostro modo di partecipazione”. Anche perché ”stiamo offrendo dall’inizio le nostre basi: siamo in credito verso tutti gli altri partecipanti”.

”Le operazioni in Libia continueranno”, ha ribadito dalla Nato il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen tentando di smorzare ogni polemica (non c’è nessun riferimento alle dichiarazioni di Frattini, tiene a precisare il portavoce) anche perché, spiega ancora il generale canadese Charles Bouchard, capo della missione in Libia – un “cessate il fuoco” permetterebbe a Muammar Gheddafi di riarmarsi.