Intervento francese in Libia, Sarkozy “piccolo Napoleone”

Pubblicato il 21 Marzo 2011 - 15:52 OLTRE 6 MESI FA

Nicolas Sarkozy

ROMA – Un “piccolo Napoleone”: è il presidente francese Nicolas Sarkozy secondo Aldo Cazzullo, in questo modo definito per il suo attivismo di fronte alla situazione libica.

“La crisi libica, scrive Cazzullo sul Corriere della Sera, ne inaugura un’altra: la grandeur sulla pelle altrui. Nicolas Sarkozy ha fatto senz’altro bene a dare la sveglia alle potenze occidentali: senza il suo scatto, Gheddafi starebbe ancora massacrando impunemente gli insorti”.

Quel che però Cazzullo critica a Sarkozy è lo stile adottato nella decisione interventista: uno stile, appunto, “da piccolo Napoleone”. “Ha tentato di aprire il fuoco per primo, sia pure in modo poco più che simbolico, senza aspettare nessuno, neppure Obama”.

Come già Charles de Gaulle, ricorda Cazzullo, Sarkozy ha scavalcato la Nato, ha “riservato a Cameron un abbraccio paternalistico, ha trattato la cancelliera «pacifista» Merkel come un’imboscata, ha aperto il vertice di Parigi senza neppure aspettare Berlusconi”.

La Francia, però, fa notare Cazzullo, “sta dall’altra parte del Mediterraneo rispetto alla Libia. Roma deve mettere a disposizione le sue basi, allertare aviazione e marina per prevenire un colpo di coda di Gheddafi, prepararsi ad accogliere un numero imprecisato di profughi. Per la Francia, Lampedusa è un palcoscenico per le piazzate anti-immigrati della figlia di Le Pen”.

Del resto, ricorda Cazzullo e con lui tanti analisti, la Francia si è mossa in modo ben diverso nelle precedenti rivolte che hanno visto, sempre in questi ultimi mesi, l’abbattimento dei regimi egiziano di Mubarak e tunisino di Ben Ali.

“Nel suo primo discorso pubblico, la notte dell’elezione, ricorda il cronista del Corriere, il neopresidente annunciò che non avrebbe abbandonato le infermiere bulgare in carcere a Tripoli e tanto meno Ingrid Betancourt. È stato di parola, e ora le donne condannate a morte da Gheddafi e la prigioniera delle Farc sono libere”.

“Ma i ceceni non hanno goduto degli stessi riguardi, e un suo sostenitore come André Glucksmann ha avuto parole durissime sulla politica di Sarkozy verso Putin”.

Del resto “Sarkozy aveva le sue ragioni per spingere sull’acceleratore. Doveva far dimenticare il disastro tunisino, i legami decennali con il miliardario in franchi svizzeri Ben Ali, la vacanza natalizia del ministro degli Esteri Michèle Alliot Marie, sacrificata senza troppa sofferenza — vicina a Chirac, nel 2007 era stata l’ultima ad allinearsi— e sostituita con un peso massimo, l’ex primo ministro Alain Juppé”.

Ma soprattutto, il presidente francese deve uscire da una situazione interna “molto difficile”. I sondaggi lo danno sconfitto prima del ballottaggio per le presidenziali 2012, battuto da Marine Le Pen e dal futuro candidato socialista, in particolare se il Ps sarà l’attuale direttore del Fondo monetario Dominique Strauss-Kahn.

E proprio questo week-end si sono svolte le elezioni cantonali, che hanno “confermato l’impasse: astensione record e avanzata del Fronte nazionale, dopo una campagna in cui i candidati locali hanno preso le distanze in ogni modo dal presidente, evitando in molti casi anche di apporre il simbolo del suo partito, l’Ump”.

Ma Sarkozy, come gli stessi quotidiani di sinistra hanno confermato dopo la decisione del presidente, che i francesi sono molto sensibili al ruolo mondiale del paese.