Libia, Giovanardi: “Le fosse comuni? Una bufala”. E scoppia lo scontro

Pubblicato il 25 Febbraio 2011 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA

Paolo Giovanardi

ROMA – ”Le fosse comuni di Tripoli sono una bufala”. Le foto pubblicate ieri, 24 febbraio, dai quotidiani rappresentano ”un normale cimitero libico, con tombe prescavate in cemento”. Le parole del sottosegretario CarloGiovanardi hanno l’effetto di una ventata sul fuoco delle polemiche tra maggioranza e opposizione divampato giorni fa, all’arrivo delle prime notizie che riferivano di repressione e scontri brutali in tutta la Libia.

E Giovanardi, preso di mira dalle opposizioni, nella serata di ieri, 24 febbraio, ha diffuso una nota per respingere le ”polemiche strumentali e in malafede” dell’opposizione. ”Mai detto che non possono esistere fosse comuni in Libia, ma – ha puntualizzato – che le foto pubblicate dai giornali italiani di oggi rappresentavano un normale cimitero arabo con singoli loculi preparati già da tempo”.

Intanto il governo mantiene una linea prudente che si accompagna a una certa irritazione per l’atteggiamento dell’Unione Europea, accusata di non voler aiutare l’Italia. Silvio Berlusconi, si ragiona nel Pdl, avrebbe espresso anche ieri più di una preoccupazione su una situazione seria e timori sulla possibiltà che l’Europa se ne possa lavare le mani. Il ministro degli Esteri Franco Frattini annuncia, a questo proposito, che l’Italia avanzerà le sue richieste durante il vertice europeo sull’emergenza clandestini, prima fra tutte la redistribuzione nella Ue degli immigrati che dovessero arrivare.

Nel frattempo  è l’esternazione di Giovanardi a monopolizzare il dibattito. Dalle file dell’opposizione le parole più dure contro il sottosegretario vengono dall’idv Leoluca Orlando, portavoce del partito, afferma che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ”si dovrebbe vergognare”: definire ”una bufala” la notizia delle fosse comuni in Libia ”costituisce un’offesa nei confronti delle vittime che aumentano di ora in ora”.

Mentre il pd Sandro Gozi, prendendo spunto dal giudizio del sottosegretario, sostiene che ”il governo è in confusione totale”. Antonio Di Pietro accusa apertamente il governo di “complicità” con il regime nordaficano. L’esecutivo, osserva, avrebbe ”riarmato il dittatore” con l’approvazione del Trattato di Amicizia Italia-Libia. In polemica con le decisioni della Difesa, l’ex pm invita ad ”inviare navi umanitarie” e ”non cacciatorpediniere” per gestire l’arrivo dei profughi.

Pier Ferdinando Casini è categorico verso il Colonnello: ”Gheddafi è un criminale che va processato dalla una Corte internazionale de L’Aja, per i suoi crimini, per aver addirittura bombardato i cittadini del suo Paese”. Sulla stessa frequenza Gianfranco Fini, che sottolinea come ”sarebbe veramente inammissibile che, se un dittatore sanguinario come Gheddafi rimanesse al potere, un minuto dopo tutto tornasse come prima. E’ una questione di pudore”. Nelle parole del presidente della Camera si legge la delusione per il giudizio del presidente della commissione Esteri del Senato Lamberto Dini che si è spinto a dire che ”l’Italia non auspica la fine di Gheddafi” perché ” non abbiamo ragioni per volere la caduta di un leader che oggi intrattiene buoni rapporti con tutta la comunita’ internazionale”.

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