Libia, la “nuova” bandiera sventola all’Onu

Pubblicato il 20 Settembre 2011 - 20:48 OLTRE 6 MESI FA

La bandiera della Libia del dopo Gheddafi (Foto Lapresse)

NEW YORK, 20 SET – Il tricolore nero, rosso e verde simbolo della Libia pre-Gheddafi e ora della ”Rivoluzione” che ha infine spodestato il Colonnello, è stato oggi issato assieme alle altre bandiere della comunità internazionale al Palazzo di Vetro dell’Onu, dove si è di fatto celebrato il ‘battesimo’ della nuova Libia alla presenza del presidente americano Barack Obama e di diversi altri capi di Stato.

Un battesimo costato sei mesi di guerra, che ancora non è finita, e la vita a ”25mila martiri”, come ha detto il presidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, in un discorso durante la riunione degli ‘Amici della Libia’, che si è svolta a margine della 66^ Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Ma Jalil ha anche mostrato di guardare ormai avanti, e ha detto che un ”processo equo” verrà garantito a tutti gli uomini del regime, compreso Gheddafi, che è ancora in Libia, ha detto lo stesso Jalil al presidente Obama, nel corso del loro primo faccia a faccia, questa mattina.

Nelle ultime ore, Gheddafi peraltro tornato a farsi vivo, con un breve messaggio audio, in cui ha sostenuto che ”il sistema politico in Libia è basato sul potere al popolo, ed è perciò impossibile che venga rimosso”. Quanto accade in questi giorni, ha detto, è solo ”una farsa”.

Parole che nessuno sembra aver raccolto mentre il portavoce del regime ha previsto la possibilità che la guerra possa ”durare anni”: il Rais ha armi ”sufficienti” per andare avanti.

I libici, ha detto Obama alla riunione, ora ”stanno scrivendo un nuovo capitolo nella vita della loro Nazione, dopo 40 anni di tenebre”. Il presidente americano ha ricordato la fondamentale risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha autorizzato l’uso di ”tutte le misure necessarie”’ per proteggere il popolo libico, e anche il ruolo della Nato, e dei ”nostri alleati europei, specialmente il Regno Unito, la Francia, la Danimarca e la Norvegia, che hanno condotto la maggior parte degli attacchi aerei”.

Poi ha sottolineato che l’intervento ”ha avuto successo grazie al contributo di molte nazioni”. Però, ha aggiunto, ”il merito per la liberazione della Libia spetta al popolo libico”, a cui, ha detto, ”oggi tutto il mondo lancia un messaggio unitario, inequivocabile: saremo al vostro fianco, sino a quando non conquisterete la libertà e la dignità che vi meritate”.

Perché il popolo libico merita fiducia, come ha sottolineato a sua volta il presidente francese Nicolas Sarkozy, sostenendo anche che il mondo non poteva rimanere a guardare, perché, ha detto, ”Bengasi non poteva diventare la Cambogia dei Khmer rossi, o il Ruanda di Hutu e Tutsi”.

Guardando avanti, verso una Libia ”libera e democratica” il ministro degli esteri Franco Frattini, ha invece sottolineato che l’Italia ha progetti ”pronti per essere attivati sin da subito, e ha anche ricordato che ci sono ”motivi storici” per cui l’Italia ha una ”responsabilità speciale” verso la Libia, ma anche una amcizia ”tra le più forti” con il popolo libico.

William Hague, ministro degli esteri della Gran Bretagna, ha invece ricordato con soddisfazione che ”sei mesi fa, mentre i carri armati di Gheddafi si avvicinavano a Bengasi, il Colonnello disse che avrebbe massacrato gli oppositori come i ratti, ma non aveva tenuto conto del coraggio del popolo libico, della presa di posizione di principio della Lega araba e di quanto la comunità internazionale era risoluta”. E nella lunga lista di Paesi e Organizzazioni internazionali che riconoscono la fine del regime di Gheddafi nelle ultime ore si è anche aggiunta l‘Unione Africana, che significativamente ha infine a sua volta riconosciuto come governo di fatto della Libia il Consiglio Nazionale di transizione, guidato da Jalil.