In missione per conto di dio, dal Pakistan all’Arizona e un po’ anche a Montecitorio

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 18:01 OLTRE 6 MESI FA

Se non sono i Blues Brothers non fidatevi, gli unici a cui prestar fede quando giurano di “essere in missione per conto di dio” erano e restano John Belushi e Dan Aykrojd che volevano ricostituire la banda, musicale s’intende. Ovunque altro risuoni e venga scadita la frase “im missione per conto di dio”, scatti allora il sereno allarme di una ragionata diffidenza: è questo uno dei connotati della “civiltà occidentale”. O almeno così è (era?) da almeno tre secoli. E’ così e sarebbe molto occidentale e civile che così continui ad essere, anche se a per altro benemerite e rispettabili autorità religiose la cosa dispiace, anzi risulta incomprensibile.

In “missione per conto di dio” era la guardia del corpo che ha piantato un caricatore di pallottole nel corpo di Salman Taseer. Era la sua guardia del corpo ma l’ha ammazzato perché si sentiva in missione per conto del suo dio, in questo caso Allah. Allah che nella testa del “missionario” era offeso e vilipeso da questo Salman Taseer, governatore pakistano della provincia o Stato del Punjab in Pakistan. Uno che “offendeva” dio opponendosi a punizioni corporali e all’esclusione sociale di chiunque non vestisse, non pregasse, non vivesse alla musulmana. Quindi meritava di morire e infatti è morto ammazzato. Dal “missionario”. E che questi fosse mandato da dio devono averlo penasto anche gli altri della scorta che hanno aspettato svuotasse tutto il caricatore prima di fermarlo. E la gente, molta pakistana gente dei bazar o come si chiamano laggiù che hanno inneggiato al martire-eroe. Una tara culturale, una propensione “genetica” dell’Islam a considerare la tolleranza una collaborazione con il “maligno” e un tradimento della fedeltà all’unico dio? No, non tutti i musulmani sono quella guardia del corpo. Ma tutti i musulmani che si sentono e si dichiarano “in missione per conto di dio” farebbero e fanno fuori dalla faccia della terra i musulmani come Salman Taseer. Si sentono in dovere, investiti dalla missione di fare pulizia nel mondo. Non cè Allah che l’abbia comandato loro, Allah, se c’è, si occupa di altro, di meglio e di molto più misericordioso che ammazzare la gente. I missionari-killer il comnadamento omicida se l’impartiscono da soli. Non sono matti, sono uomini e donne invaghiti e impazziti dalla voglia di essere “in missione per conto di dio”. Il problema non è dio, qualunque dio, non la fede nella trascendenza. Il problema è “la missione”, l’immanente e terrena missione di raddrizzare o punire gli altri umani.

In missione per conto di dio era quel giovane che in Arizona ha fatto fuori chi c’era nel centro commerciale ad ascoltare Gabrielle Giffords, deputata democratica al Congresso americano. Im missione contro chi non si oppone all’aborto e non tiene al loro posto i negri e gli ebrei. In missione per conto di dio si sentono e reclamano di essere la gran parte dei militanti dei Te Party. Tutti, anche se non certo tutti, anzi solo pochissimi sparano, uccidono o pensano di farlo. Sono cristiani, talvolta brucerebbero volentieri un Corano, credono nella e leggono la Bibbia. E sono nella stragrande maggioranza comunissima gente. Non sono segnati da nessuna voglia di violenza, ma si sentono e si vogliono orgogliosamente segnati dalla missione di ridare purezza al mondo e alla società. Perciò non hanno avversari, hanno nemici. Nemici loro e quindi nemici di dio. Peculiarità della società americana, inscindibile triade tra Bibbia, pistola e forca che cova nella storia profonda ma esclusiva dell’America? America peraltro culla e palestra della democrazia? Insomma, stranezza e anomalia americana? I molto europei soldati di Hitler portavano sul cinturone la scritta “Gott mitt uns”, dio è con noi. E per secoli dio è stato in tutte le bandiere di tutti gli eserciti europei. Non era scelta o colpa del cristianissimo dio europeo. Anche questi, se c’è, è molto più buono dei suoi missionari immaginari. Milioni, decine di milioni, centinaia di milioni di cattolici e protestanti vivono nel segno della fede e nell’amore per la divinità. Spesso sono stati e sono, come amano dire, il “sale della terra”. Ma non appena qualcuno o molti di loro si sentono e si dicono “in missione per conto di dio” della terra e dei loro simili diventano il flagello.

E in missione per conto di dio, su scala infinitamente più innocua ma non più ingenua, si sentono molti, la maggioranza dei parlamentari italiani. Stanno per scrivere una legge sul “fine vita” che obbliga tutti, cristiani e non, fedeli e non, ad accettare di morire se, quando e come stabilisce il precetto di Stato e di Chiesa. Non uccidono nessuno, non impugnano pistole, non commettono reati. Vogliono però “pulire il mondo dall’errore”. Non si accontentano di avere loro il diritto riconosciuto e garantito di vivere e morire secondo la loro fede e cultura. Devono estirpare l’errore dal mondo e comandare per legge a chiunque la giusta morte, l’unica ammessa. E ordinare a tutti quale e quanta sia la vita che va vissuta. Hanno fede e buona fede ma sono “in missione per conto di dio” e ciò li rende prepotenti e insolenti, verso dio e verso gli uomini.