“Condanno nella maniera più forte l’attacco israeliano che è stato un massacro sanguinoso. Lo Stato ebraico deve essere assolutamente punito per la sua azione disumana”. Con queste parole il premier turco Recep Tayyip Erdogan è tornato a parlare dell’assalto di marines israeliani al traghetto turco ‘Mavi Marmaris’ che portava circa 600 passeggeri e aiuti umanitari a Gaza.
Nell’abbordaggio, che alcuni passeggeri avrebbero cercato di respingere usando coltelli e mazze di ferro, sono morte nove persone, di cui almeno quattro turche. Fonti dell’ambasciata di Turchia a Tel Aviv hanno riferito che sono 368 gli attivisti filo-palestinesi turchi che sono stati rinchiusi nella prigione di Beer Sheva, nel deserto del Neghev, mentre 19 cittadini turchi, tra cui una donna con il figlio di appena un anni, sono rientrati in patria.
Parlando in mattinata ad Ankara ad una riunione del gruppo parlamentare del suo Partito di radici islamiche Giustizia e Sviluppo (Akp), Erdogan ha dato voce all’ira e allo sgomento del suo paese affermando che “l’attacco israeliano è stato condotto contro la coscienza dell’umanità e contro la filosofia alla base delle Nazioni Unite”.
“A bordo delle navi, ha detto, c’erano solo dei civili che, per di più, avevano innalzato la bandiera bianca. Israele deve al più presto togliere l’embargo dalla Striscia di Gaza. Ciò che è accaduto ieri resterà come una macchia nera nella storia dell’umanità. Nemmeno durante le guerre si attaccano i civili, ha insistito Erdogan. E anche i pirati rispettano certe regole. Ma definire quanto è avvenuto come un atto di pirateria sarebbe usare un eufemismo”.
“La Turchia, ha detto il premier turco, è sempre stata dalla parte di coloro che vogliono la pace in Medio Oriente, ma Israele, così facendo, si comporta al contrario dei difensori della pace. Per la società internazionale è arrivato ormai il momento di dire basta a Israele e la dichiarazione di condanna delle Nazioni Unite di ieri sera non è sufficiente”, ha detto Erdogan il quale ha concluso dicendo che in serata aveva in programma una telefonata con il presidente Usa Barak Obama per discutere degli ultimi sviluppi della vicenda.
Anche oggi, comunque, sono continuate le proteste popolari contro l’assalto israeliano. A Istanbul oltre 500 tassisti si sono radunati con le loro macchine davanti al consolato israeliano ed hanno suonato a lungo i clacson in segno di protesta. Poi, dopo aver cantato in coro l’inno nazionale turco e aver letto dei versi dal Corano, il libro sacro dell’Islam, se ne sono andati.
Intanto il governo di Ankara ha predisposto diversi velivoli, militari e civili, per riportare in patria i propri cittadini e due aerei ambulanza sono volati in Israele per il rimpatrio dei turchi rimasti feriti. Quest’ultimo incidente, però, oltre a quelli politici rischia di provocare anche strascichi a livello economico tra i due Paesi che pure sono alleati strategici dal 1996.
Il governo di Ankara, come ha dichiarato il ministro per il commercio estero turco Zafer Caglayan, potrebbe riesaminare i rapporti economici con lo Stato ebraico con cui l’anno scorso la Turchia ha avuto un interscambio di circa 2.5 miliardi di dollari. “L’atteggiamento disumano ed il terrorismo di Stato messo in atto da Israele potrebbe provocare la rinuncia da parte della Turchia a profitti economici per quanto rilevanti essi possano essere”, ha detto Caglayan. In piena sintonia con lui, il ministro dell’Energia Taner Yildiz ha detto che Ankara sta esaminando la possibilità di rivedere anche i rapporti a livello energetico con lo Stato ebraico.
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