Gaza, una nuova flottiglia dal Libano preoccupa Israele

Pubblicato il 23 Luglio 2010 - 16:51 OLTRE 6 MESI FA

Benyamin Netanyahu

Una nuova flottiglia turba i sonni degli israeliani. Dopo essere riuscito una settimana fa ad impedire che una nave che trasportava aiuti umanitari dalla Libia forzasse il blocco marino a Gaza, adesso Israele guarda con preoccupazione al Libano, dove almeno due navi si stanno preparando a salpare per la Striscia.

Ieri, in un intervento alle Nazioni Unite, la ambasciatrice di Israele, Gabriela Shalev, ha lanciato un appello ai dirigenti del Libano e alla comunità internazionale affinché fermino quelle navi. In ogni caso, ha aggiunto, Israele è pronto ad intercettarle ”nel rispetto del diritto internazionale”.

Nel frattempo Israele cerca di placare la collera della Turchia dopo il blitz in alto mare che il 31 maggio fermò una ‘Freedom Flotilla’ pure diretta a Gaza. Sulla nave passeggeri Mavi Marmara nove passeggeri (otto turchi e un cittadino statunitense) rimasero uccisi dal fuoco dei militari, e i feriti si contarono a decine.

Sull’episodio Israele sta ora conducendo un’inchiesta. Due giorni fa ha annullato l’allerta per i cittadini israeliani desiderosi di visitare la Turchia e adesso il governo israeliano ha deciso di rilasciare la Marmara e le altre sei imbarcazioni della ‘Freedom Flotilla’. Il governo di Benyamin Netanyahu spera così di ridurre, almeno in parte, le tensioni con Ankara.

Ma la iniziativa di un uomo d’affari palestinese, Yasser Kashlak, non dà respiro al governo israeliano. Nel porto di Tripoli, in Libano, si accingono a partire due sue navi con aiuti destinati ai palestinesi di Gaza: la ‘Julya’ (ribattezzata ‘Miriam’) e la ‘Junya’. Questa porterà il nome del celebre caricaturista palestinese Naji el-Ali, ucciso a Londra nel 1987 in un attentato i cui mandanti (forse Olp o Mossad) non sono mai stati scoperti.

In Israele il ‘Centro di informazione di Intelligence e Terrorismo’ – che per primo a maggio aveva espresso inquietudine per la missione della Marmara e per il ruolo della Ong turca Ihh che l’aveva organizzata -è tornato oggi a suonare campanelli di allarme, avanzando la valutazione che dietro alla iniziativa di Kashlak ci siano in realtà Siria e Hezbollah. Uno sviluppo che rischia di essere destabilizzante, mentre al confine israelo-libanese si segnala da tempo un aumento della tensione.

Certo sulla ‘Miriam’ dovrebbero trovarsi solo donne e sulla ‘Naji el-Ali’ rappresentanti della stampa. Eppure, scrive il direttore del Centro, Reuven Erlich, è lecito temere che una intercettazione in mare delle navi libanesi possa degenerare in incidenti. Cita in merito dichiarazioni dello stesso Kashlak, secondo cui ”verrà il giorno che queste navi porteranno via il resto dei ‘rifiuti europei’ (gli israeliani, n.d.r.) giunti nella mia terra… Che quegli assassini tornino nei loro Paesi di origine”.

Nel suo intervento all’Onu, l’ambasciatrice Shalev non ha lasciato dubbi: la soluzione migliore sarebbe che la diplomazia impedisse a quelle navi di avvicinarsi a Gaza. Secondo Israele, gli aiuti umanitari possono entrare nella Striscia via terra. Ma se le navi cercassero di forzare il blocco, la marina di Israele non esitera’ a tornare in azione: anche perche’ giungendo dal Libano, scrive un giornale, esse potrebbero in teoria portare armi ad Hamas.