Obama in Cina: gli Usa sempre più dipendenti dal gigante asiatico

Pubblicato il 12 Novembre 2009 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA

Obama parla col presidente cinese Hu Jintao

Quando il presidente degli Stati Uniti Barack Obama arriverà in Cina domenica per una visita di 4 giorni incontrerà un rivale che vede nella crisi globale più un opportunità che una minaccia. Al contrario, scrive Der Spiegel in una lunga analisi, l’America è stata grandemente indebolita, ed è sempre più dipendente dalla buona volontà nella nascente superpotenza.

In coincidenza con l’arrivo di Obama, gli scienziati dell’Università Nazionale per la Tecnologia Difensiva a Changsha stanno esultando dopo aver costruito un supercomputer che può effettuare 1.000 miliardi di calcoli al secondo. L’annuncio ha un valore simbolico, perchè, a quanto sostengono i cinesi, il loro nuovo computer, soprannominato ”Tianhe” (Via Lattea), farà della Cina il primo rivale diretto degli Stati Uniti.

La Cina, scrive lo Spiegel, è piena di fiducia in se stessa, si considera un nuova potenza mondiale che ha superato la crisi con un’economia cresciuta del 9 per cento nel terzo trimestre, mentre le economie occidentali continuano a lottare per uscire dalla depressione. E mentre gli americani devono preoccuparsi dei loro problemi interni, la Cina sta espandendo la sua influenza sia in Asia che tra i Paesi africani ricchidi risorse naturali.

Forti di questi successi, i leader cinesi stanno sfidando gli americani in maniera sempre più aggressiva, anche per mostrare alla loro popolazione di 1,3 miliardi quanti progressi ha compiuto il Paese sotto la loro guida. Il generale dell’aviazione Xu Qiliang ha per esempio scritto sul giornale dell’esercito che la Cina si accinge anche a rafforzare le sue capacità difensive nello spazio, e che intorno alla metà del ventunesimo secolo sarà diventata una potenza mondiale.

Alla luce di quanto sopra, e 30 anni dopo che Usa e Cina hanno allacciato relazioni diplomatiche, secondo lo Spiegel l’equilibrio bilaterale sta pendendo dalla parte della Cina, e i cinesi si aspettano che Obama durante la sua visita di quattro giorni si comporterà ben diversamente dal suo baldanzoso predecessore George Bush.

Il capo della Casa Bianca descrive la sua politica estera come ”una nuova età di cooperazione”, e con i cinesi ha bisogno di intrattenere buoni rapporti più di quanto possano desiderare questi ultimi. Va ricordato in questo contesto che circa due terzi delle riserve in valuta estera della Cina sono in dollari, e qualsiasi improvvisa iniziativa di cambiamento da parte di Pechino minaccerebbe la stabilità del biglietto verde. Senza contare che le importazioni negli Usa dalla Cina di prodotti a basso prezzo contribuiscono ad aumentare il livello di vita degli americani e a contenere il rischio di inflazione.

In questo quadro, gli americani stanno declassando l’importanza dell’Europa quale primo partner commerciale internazionale. È stato l’ex-presidente Bush che ha innalzato i cinesi dando vita al summit dei G-20 per combattere la crisi finanziaria, e relegando in secondo piano il G-8 nonostante le obiezioni della cancelliera tedesca Angela Merkel.

E Obama sta continuando questo riallineamento, nel senso che, nella prospettiva americana, se deve esserci qualcosa pur lontanamente simile ad un governo mondiale, non saranno nè le Nazioni Unite, nè il G-8, bensì il G-20.

Dopo gli Stati Uniti, la Cina è il Paese più importante del G-20, e gli americani la stanno trattando con la dovuta deferenza. Quando divenne segretario di stato, Hillary Clinton, il suo primo viaggio in Asia è stato in Asia per porgere i suoi rispetti alla Cina. «Gli Stati Uniti – disse la Clinton – sono impegnati a costruire una positiva relazione con la Cina, che noi consideriamo importante per la pace, il progresso e la prosperità per entrambi i Paesi e per il mondo».

Obama concorda pienamente con la Clinton, e la scorsa estate ha dichiarato: «Lo stato delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina definirà la storia del ventunesimo secolo».

Quanto al declino dell’Europa, osserva lo Spiegel, esso è avvenuto principalmente perchè è aumentata l’importanza dei Paesi asiatici. Secondo un nuovo studio del Consiglio Europeo per le Relazioni Estere, gli europei credono che l’America sarà sempre al loro fianco per via della storia e dei valori comuni, e si vedono come «partner naturali» dell’America. «Ma si sbagliano – conclude lo studio – perchè le politiche degli Stati Uniti sono dettate principalmente dai loro interessi».