Nella corsa alle Olimpiadi 2016 ha vinto Rio de Janeiro, ma soprattutto ha perso Chicago. Obama e la sua first lady Michelle hanno perso la loro battaglia per portare i giochi nella loro città. Quella olimpica era una partita non solo della Casa Bianca, ma una competizione in cui il presidente si è coinvolto in prima persona.
Obama e la sua signora ci hanno provato, hanno conquistato la scena di Copenhagen, hanno spinto tutta Chicago a lottare e tifare. La città ha aspettato per le strade, davanti ai maxischermi, il voto del comitato olimpico. La Windy City ha fatto flop, nonostante fosse la favorita tra le quattro in lizza. Nella roulette per la sede è uscita al primo turno, l’ha seguita Tokyo e poi Madrid. Sulla piazza è calato un gelido silenzio.
Il fascino travolgente degli Obama, il loro appeal politico travestito di romanticismo non ha fatto breccia nel cuore dei votanti. La coppia è stata pioniera di una campagna sfacciata per portare le Olimpiadi a Chicago, la città di Michelle, che è spuntata con il suo vestito giallo acceso proprio a illuminare il rush finale. Nemmeno il suo contributo ha intenerito il Comitato, con i suoi racconti d’infanzia e i giochi visti seduta sulle ginocchia del padre malato, il sogno di vedere la fiaccola accesa per le strade in cui è cresciuta.
Barack e Michelle hanno lasciato Copenhagen, ma senza il lieto fine tanto atteso. La lotta sofferta e criticata dall’opposizione come una mossa fuori luogo non ha dato l’esito sperato. Il network conservatore Fox news a pochi minuti dall’annuncio dell’eliminazione della città d’adozione di Obama ha lanciato un attacco alla scelta della Casa Bianca: «Si comporta più come se fosse il sindaco di Chicago che da presidente».
Uno schiaffo per Obama, ma «non un ripudio da parte del Cio», ha commentato David Axelrod, consigliere di Obama, «Valeva la pena di fare questo tentativo anche se il risultato finale è stato deludente». Comunque sia, i giochi non tornano per la quinta volta negli Stati Uniti.