La paura di Berlusconi: “E se Gheddafi ci tirasse un missile?”

Pubblicato il 24 Febbraio 2011 - 09:27 OLTRE 6 MESI FA

Il colonnello Gheddafi

ROMA – Parlando per la prima volta in pubblico della rivolta libica e di Gheddafi, Berlusconi, dal palco degli Stati generali di Roma, è apparso molto misurato. Parole ponderate e si capisce il perché. Secondo Francesco Bei, che su Repubblica scrive un retroscena del rapporto attuale che lega Berlusconi a Gheddafi, il premier avrebbe timore del leader libico.

“Dobbiamo stare attenti con Gheddafi, è un pazzo. Ci ha già sparato un missile una volta, non è che ce ne tira un altro contro?”. Così, secondo Bei, Berlusconi si sarebbe espresso ai suoi dopo aver ascoltato il discorso di Gheddafi dal suo bunker tripolino. Il riferimento al missile riguarda l’attacco contro Lampedusa del 1986, quando un missile libico colpì l’isola.

Le voci che arrivano dal governo spiegano quindi prudenza dei discorsi ufficiali, mantenuta nonostante il recente cambio di rotta: da “non chiamo per non disturbarlo” a “difendiamo chi chiede democrazia in Libia”. A Berlusconi sarebbero arrivate pressioni dagli Stati Uniti, dalla Ue e anche dalla Lega Araba per dare a Gheddafi un segnale più forte.

Non solo: Berlusconi sa che sono molti gli italiani nel paese nordafricano e teme eventuali ritorsioni. “Ci sono diecimila connazionali sparsi tra la Tripolitania e la Cirenaica – confermano preoccupati dalla Farnesina – e meno di mille sono quelli che vogliono rimpatriare”. Ci sono poi le infrastrutture e gli affari che molte imprese italiane hanno in Libia per milioni di euro, senza contare che dal paese parte il gasdotto verso l’Italia, il cui flusso è stato già ridotto.

Inoltre Berlusconi avrebbe ridimensionato gli allarmi che arrivano dalla Libia: “I servizi segreti – confida uno dei partecipanti al vertice di palazzo Chigi convocato per discutere la crisi – ancora ieri ci confermavano che la situazione a Tripoli non era così drammatica, anzi. E lo stesso ha detto il nostro ambasciatore”.

“I piloti libici atterrati a Malta – osserva il ministro Ignazio La Russa – hanno dichiarato di essere scappati per non sparare sulla folla. Hanno raccontato cose gravi. Ma questo è normale, tutti i disertori si giustificano con motivazioni simili. Non possiamo basarci solo su questi racconti per muoverci”.

Insomma per il premier Gheddafi potrebbe rivelarsi il male minore. Se dovesse cadere il regime del colonnello il pericolo è quello di un “salto nel vuoto”, magari con uno Stato islamico, meno propenso a trattare con l’Occidente, proprio a un passo dall’Italia. Fiamma Nirenstein, consigliere molto ascoltato da Berlusconi, aggiunge questa considerazione: “Il crollo del regime di Mubarak ha portato all’espansione della sfera d’influenza dell’Iran, testimoniata dal passaggio di due navi da guerra nel canale di Suez. Cosa può succedere in Libia?”.