Polonia 8 marzo: protesta dimenticata. Il ’68 di Michnik: incendiò il mondo, finì in repressione

Pubblicato il 7 Marzo 2011 - 02:09 OLTRE 6 MESI FA

L’otto marzo è l’anniversario di una protesta dimenticata, una protesta senza successo, quella che nel 1968 oppose un piccolissimo manipolo di studenti al chiuso e autocratico regime comunista polacco. Fu quello anche l’inizio di una stagione repressiva che portò al licenziamento, all’arresto e all’espatrio di migliaia di cittadini, molti dei quali di origine ebrea.

L’antisemitismo che periodicamente cova nello spirito polacco aveva portato ad una virulenta campagna di denigrazione ed allontanamento dalla vita pubblica. In quella stagione, molti intellettuali ed artisti polacchi scelsero la via dell’esilio per sfuggire alla silenziosa persecuzione. Il regime distribuiva allora dei documenti diplomatici speciali. Perché gli immigrati non pensassero un giorno alla via del ritorno, sul passaporto che gli si dava c’era scritto « Questo non è un cittadino polacco ».

Fu per la Polonia un tragico dissanguamento, un privarsi di alcune delle sue forze più valide e vitali. Diversi ebrei avevano partecipato alla resistenza contro l’occupazione nazista ed, in seguito, alla creazione della Polonia comunista nel dopo guerra. Tra questi, qualcuno aveva già preso la via della fuga, quando nel ’57 lo spettro dell’antisemitismo era tornato a mietere le sue vittime nel paese dell’est.

Giornalista, eroe della resistenza, figura internazionale a cavallo di diverse culture Adam Rayski, decise di espatriare dalla Polonia e rifugiarsi in Francia già nel 1957, alla luce dei primi vagiti dell’antisemitismo comunista.

La Francia era stata già un po’ la sua seconda patria, quella Francia doveva aveva studiato alla Sorbona negli anni 30, aderendo al partito comunista francese, e dove aveva combattuto eroicamente con la resistenza anti-nazista. Durante la guerra si era occupato di organizzare evasioni per i comunisti stranieri internati nei campi di Gurs e Vernet e aveva partecipato alla lotta armata con la FTP-MOI, in un distaccamento – il secondo – essenzialmente composto da resistenti ebrei.

Il suo ritorno in Polonia, dopo la caduta dl nazismo, fu di corte durata. La cappa repressiva del regime e il rifiorire dell’antisemitismo lo spinsero a ritornare a Parigi dove è vissuto fino alla morte, avvenuta il 13 marzo 2008.

Tra gli altri ebrei polacchi che patirono l’ingiustizia della discriminazione c’è il celebre Adam Michnik, attivista anticomunista negli anni 70 e 80 e membro del sindacato Solidarnosc. Simpatico, un po’ sbruffone, grande bevitore, grande parlatore, grande animatore, ama raccontare la sue esperienze amorose tra le operaie che doveva guidare mentre lavorava in fabbrica durante aìla prigionia.

Qualche anno fa, in un contributo al quotidiano Le Monde raccontava la sua personale esperienza del marzo 68, quando lui ed uno sparuto gruppo di studenti che sognavano la democrazia e la fine della censura furono brutalmente repressi prima e videro poi l’avvento della campagna autocratica e antisemita di quell’anno. La protesta era nata spontaneamente da un pugno di universitari che aveva inscenato una manifestazione per opporsi alla censura di uno spettacolo di Adam Mickiewicz, uno dei numi della letteratura polacca. Il movimento non era nemmeno iniziato che già la metà dei sui membri erano in carcere. Mickiewicz, che per di più veniva da una famiglia ebrea, fu escluso dall’università.

Sebbene quella primavera 1968, cominciata a Praga e diffusasi in tutto il mondo, non avrebbe dato i frutti sognati (ma avrebbe visto, al contrario, la riduzione delle libertà e l’inasprirsi dei regimi), si formava allora un nucleo di uomini d’azione e di pensiero che avrebbero più tardi liberato la Polonia dal giogo comunista.

Se il marzo 1968 si concluse con una sconfitta, da questo nacquero però i germi di Solidarnosc. Il ruolo di Michink, ebreo polacco, vi era determinante come quello di Rayski lo era stato per la sconfitta del nazismo. In un paese che ancora oggi soffre il pregiudizio dell’antisemitismo populista (si vedano gli scandali che periodicamente sfiorano Radio Maryja) quella di Michnik e quella di Rayski sono due storie da non dimenticare.